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 2016  luglio 29 Venerdì calendario

Quindi, come sarà il prossimo Festival di Venezia?

Se le tradizioni (e le scaramanzie) si rispettano, dopo un festival di Cannes con più bassi che alti, Venezia dovrebbe presentarsi con più capolavori che delusioni. Anche se, dopo la fine delle mezze stagioni, anche queste alternanze latitano. Vedremo ai primi di settembre. Intanto pare di capire, da quello che ha detto il direttore Alberto Barbera, che il futuro della Mostra potrebbe dirigersi verso quel cinema capace di riempire «la trincea progressivamente scavata tra cinema d’autore e cinema popolare»: lui si riferiva al programma pensato per la nuova sala che sorgerà al posto del famigerato buco e che ogni sera presenterà «a un pubblico il più vasto possibile» titoli capaci di ridurre le distanze tra «spettatori cinefili e quelli che cercano un’occasione di intrattenimento non banale».
Ma a scorrere i registi invitati in concorso, sembra di trovare le stesse linee di forza: qualche maestro che non sempre ha prodotto capolavori, specie recentemente (Kusturica, Wenders, Ozon, meno Konchalovsky), qualche scommessa «azzardata» per non dimenticare che la Mostra è «d’arte cinematografica» (il documentario di Malick, il film-saggio di D’Anolfi e Parenti, le tre ore e tre quarti del filippino Lav Diaz) ma soprattutto una scelta di registi che – almeno nel recente passato – hanno cercato di coniugare ambizioni artistiche con una buona dose di spettacolarità, se non proprio di popolarità: otto titoli made in Usa (quattro «in purezza», quattro coprodotti) guidati dal film d’apertura La La Land, musical di Damien Chazelle già regista del premiatissimo Whiplash e dall’opera seconda dello stilista-regista Tom Ford (Nocturnal Animals, dal romanzo di culto di Austin Wright Tony & Susan). Con loro il canadese Denis Villeneuve con Arrival, l’americana di origini iraniane Amirpour che si era fatta notare per un horror-dark vampiresco e adesso presenta The Bad Batch, il sempre interessante Derek Cianfrance con The Light Between Oceans e il cileno Pablo Larraín in trasferta americana con Jackie. E poi il francese Brizé («scoperto» a Cannes l’anno scorso con La legge del mercato), Piccioni e Johnson che si portano sulle spalle coi documentaristi Parenti e D’Anolfi l’ònere del cinema di casa nostra. E qualche possibile «sorpresa» in arrivo soprattutto dall’America del Sud. Niente Cina, niente Gran Bretagna, ma molte star per la mondanità. C’è di che ben sperare.