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 2016  luglio 28 Giovedì calendario

Consigli a Cairo e alla Rai da Maurizio Milani

«Sono stato già in ferie», spiega al telefono Carlo Barcellesi, «in una pensioncina a Marina di Massa, ché, con l’auto, da Codogno è vicino». Il cabarettista e scrittore satirico, noto al grande pubblico come Maurizio Milani e come tale imperdibile su Il Foglio con la sua rubrica «Innamorato fisso», spiega così la sua resistenza alla calura di metà luglio in mezzo alla Bassa lodigiana.
Lo cerchiamo a pochi giorni dalla conquista di Rcs da parte di Urbano Cairo, visto che Milani ne aveva già scritto sul Foglio, in termini entusiastici, ben prima che il direttore, Claudio Cerasa, intervistasse l’editore.
Scusi Milani, prima di parlare di cose serie, ricordiamo che ora lei firma una rubrica anche per il glorioso Linus.
«L’hanno chiamata la Milanesiana, come il festival di Elisabetta Sgarbi, al quale, chissà perché, non mi invitano mai».
Chissà perché...
«E comunque la Sgarbi ha fondato la Nave di Teseo, contro la fusione dei libri di Rizzoli e Mondadori ma la Rizzoli alla fine l’ha presa Cairo, eh».
Vedo che lei torna a bomba sull’exploit dell’editore de La7, già avanzai il dubbio, nella precedente intervista che lei fosse interessato alle attività tv anziché alla carta stampata.
«No, no, guardi che noi interisti – sa che tengo all’Inter vero? – noi interisti siamo d’accordissimo per Cairo alla Rizzoli. Anzi su otto-nove milioni che siamo, in Italia, almeno due stiamo passando al Toro. Sa, per via che Moratti vuol vendere ai cinesi e balle varie, non siamo contentissimi».
Ah guardi, anche il sottoscritto, che è tifoso della Fiorentina, sta valutando aperture ai colori granata.
«Tifoso viola? Come mio papà, buonanima. L’ho portato a Piacenza e a Cremona quando arrivavano Gabriel Battistuta e soci. Comunque noi teniamo a Cairo, prima che alla squadra: se dovesse prendere il Venezia, saremmo tifosi veneziani, le pare?».
Non fa una grinza.
«Una nuova tendenza 2016: i tifosi personali dei presidenti: Cairo, De Laurentis, Della Valle, Zamparini».
Ma torniamo a Cairo e al Corriere.
«Ah, è giusto che comandi là dentro. Non è bello dirlo, ma è così. Anzi, secondo me deve metter mano anche alla sede di Crescenzago, ha presente?».
Certo, nel quartiere nordest di Milano.
«Ecco, quella deve diventare la nuova scuola allievi carabinieri ausiliari del Nord Italia».
Ma la naja è stata abolita da tempo.
«Uno col Corriere può far fare qualsiasi cosa: una leggina per chiamare i riservisti come noi (intervistato e intervistatore hanno servito la Patria, in anni diversi ma vicini, nell’Arma benemerita, ndr). Dal 1957 in poi, tutti richiamati col grado di vicebrigadieri ausiliari, chi vuole. Ma sarebbe comunque obbligatorio. Io vado. Tutti a fare i corsi nell’ex sede Rizzoli. Secondo me 150 mila carabinieri ausiliari ci sarebbero tutti».
A fare cosa?
«Beh poi li distribuiamo: Aspromonte, Pola, Fiume, a rivendicare quei territori. Trieste diventa porto franco, per aprire le società offshore e non pagare tasse. E poi compiti di polizia postale, che diamine. Tutti negli uffici postali ad aprire le lettere d’amore con lo stantuffo a vapore, come il tizio de Le vite degli altri. L’avrà visto no?».
Certo, il tizio della Stasi che apriva le buste nella Ddr comunista. Ma mi sono perso Cairo.
«Cairo diventa una potenza, un governo ombra, il presidente del consiglio vero sarà lui, mica Matteo Renzi o chi ci sarà».
E che cosa potrebbe fare?
«Sistemare un po’ le televisioni. Devono smettere di offendere, sennò le ditte non comprano più pubblicità. Tutte le Milena Gabanelli non devono svegliare i cani che dormono, il giornalismo serva finalmente per aumentare l’economia. Basta inchieste sulle bonifiche, non rompano le balle alle ditte e tornano 25 milioni di posto di lavoro. E poi – ma io dico! – come pensano di vendere i giornali? Se disturbiamo le aziende, si crea disoccupazione e la gente non va in edicola: si ferma in latteria e stop. Se non ho il pane, dico io, posso comprare il giornale? Quella roba la possono fare i ricchi comunisti, quelli che leggono 5-6 quotidiani al giorno».
L’ho seguita sin qui, ma la Gabanelli è in Rai, mica a La7. Che c’entra Cairo.
«Vedo che non capisce: col Corriere si può fare tutto. Anzi, un’altra cosa: basta anche con Blob».
Il programma culto di Enrico Ghezzi?
«Sono 30 anni che, con la scusa della satira e balle varie, nessuno li può toccare. Prima scherzavano Andreotti, Craxi, Berlusconi. Ora Renzi, basta. Blob aveva ragion d’essere quando non c’era Internet e allora si potevano montare le mele con le pere e tutti stavano lì, a bocca aperta. Ma ora basta, mi spiace, via».
Altre idee per la Rai?
«Subito Bruno Vespa prima serata, tutto Porta a Porta. Lo stimo molto, fa quelle domande dirette, è il mio giornalista di riferimento. E poi, mi scusi, via Michele Santoro!».
Ma è rientrato?
«Non importa, non si sa mai se è dentro o fuori. L’hanno epurato? Stia fuori. E con lui tutti quelli che discendono da lui».
Tipo Riccardo Jacona?
«Lui e quell’altro che fa I Dieci comandamenti. Tutte fotocopie di Report, tutti a rompere le balle alle ditte. E poi Lucia Annunziata, mi scusi. Dirige l’Huffington Post? Via dalla Rai».
Attenzione perché l’ex presidente Rai fa parte dell’Aspen Institute Italia.
«E che cos’è?».
Qualcosa di simile al Bilderberg, secondo alcuni.
«A no, se difende i poteri forti, Annunziata va tenuta! Non avevo capito che era dei nostri».
Procediamo con la lista di proscrizione, Milani?
«No, le dico chi suggerisco di tenere. Luciano Fontana, il direttore, uno bravo, che conosce il mestiere che non si vanta. Non come Carlo Freccero che si vanta, pensa di essere originale, e dice cose di dieci anni fa. Non solo, se la prende perché Maurizio Crozza gli fa l’imitazione. Benissimo, tra l’altro».
Non le piace il consigliere Rai?
«No, fa finta di essere grillino e dice sempre le solite banalità».
Idee per il Paese, da affidare a Cairo?
«Spingere sul Ponte sullo Stretto: se è d’accordo il Corriere si fa. Poi, Olimpiadi a Milano, ché a Roma han già fatto quelle del ’60».
E Virginia Raggi non sembra per la quale.
«E sempre a Milano, anzi ad Assago facciamo qualche bel campionato mondiale di boxe».
Pugilato?
«Sì, io andai a vedere i precedenti, dei dilettanti. Uno spettacolo. C’era fuori la fila di forzuti da bar di Parabiago, gente con la mano pesante che, ai cancelli, in canottiera, chiedeva di salire sul ring. E i dirigenti che allargavano le braccia: «Ohe, non è mica un baraccone, sono campionati mondiali!» Una situazione che mi ha ricordato il circo a Piacenza, negli anni 80».
Prego?
«Sì, il circo che arrivava con l’orso pugilatore. Allora, il domatore chiedeva al pubblico chi volesse sfidare la bestia coi guantoni».
Una messinscena.
«L’ho sempre pensato anche io che, nascosti fra il pubblico, ci fossero gli inservienti del circo. Invece quella volta, alzò la mano l’amico che era con noi».
Che cosa fece?
«Andò davanti all’orso il quale, addestrato, gli appoggiò la zampa guantata sulla spalle e l’atterrò subito, per il peso, eh. Aveva fatto più di 1.500 incontri e non aveva mai perso. A proposito, un altro promemoria per Cairo».
Ossia?
«I circhi siano con gli animali, basta con animalisti e balle varie. Una volta ho visto Le Cirque du Soleil».
Non le è piaciuto?
«Una rottura di balle unica: ci vuole il dromedario, i lama, le foche, l’elefante, non scherziamo. Guardi che quando gli Italiani andavano al circo con gli animali o allo zoo, le cose andavano meglio, eravamo il settimo-ottavo Paese del mondo».
Milani, sui circhi gli animalisti s’arrabbiano proprio.
«Ma insomma, devono andare a vedere cosa e quanto ha mangiato la tigre? Lo saprà il proprietario, no? Ci lavora, la terrà come si deve. Anche gli zoo, io dico. Rimettiamoli. Ce n’era uno nel giardino che oggi è il parco dedicato a Indro Montanelli a Milano. C’era anche l’ippopotamo che stava praticamente in una vasca da bagno e che morì perché si mangiò una palla da tennis che gli aveva lanciato un ragazzaccio».
Insomma, Cairo dovrebbe fermare questa deriva animalista e vegana, mi pare di capire.
«Esatto. Deve favorire gli allevamenti intensivi: la mucca va macellata, solo così lavora l’indotto alimentare. Bisogna tornare agli anni 60-70 e quelli che non han voglia di lavorare entrano in Greenpeace. Ha presente?».
Lei dice i giovani che, fuori delle stazioni, chiedono l’iscrizione e un contributo per l’associazione ambientalista?
«Ecco, quelli han fatto del loro hobby un lavoro, come se gli ultras dell’Inter lo facessero come posto fisso. Un hobby pseudo etico-sociale: rompono le balle alle ditte, alle baleniere canadesi e giapponesi, che pescano le balene e le inscatolano. Poi ce l’han con le piattaforme di petrolio, con le grandi navi a Venezia».
A lei piacciono?
«Vado in Laguna solo per vedere questo contrasto fra le calli e quei bestioni ormeggiati. Oh, non penseranno mica che gliela rompano Venezia? Poi si lamentano: è turismo mordi e fuggi, dicono. Certo, mica potranno essere tutti professori d’arte. Venezia deve essere usufruita da più gente possibile».
È un bene dell’umanità d’altronde.
«Appunto. E poi cosa devono fare: scendono, vedono Piazza S. Marco, comprando il gelato, risalgono. Ma se uno fa il meccanico nel Minnesota o nel Nebraska, gli basta così. Mica potranno essere tutti Stendhal o miliardari comunisti?».