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 2016  luglio 28 Giovedì calendario

C’è una lista di 14 sospetti terroristi che porta in Italia

C’è una lista di quattordici nomi sui tavoli della nostra Antiterrorismo. L’elenco è stato trasmesso dall’intelligence francese ed è quanto fino ad oggi è stato possibile ricostruire della rete di Lahouaiej Bouhlel, lo stragista di Nizza. Uomini e donne, di nazionalità tunisina e albanese, che hanno avuto contatti con lui prima del massacro della Promenade des Anglais. Gli inquirenti d’oltralpe ritengono che potrebbero aver avuto a che fare con l’Italia, a differenza dei due killer di Saint-Etienne-de-Rouvay per i quali non risultano, ad oggi, tracce sul nostro territorio. L’inserimento dei quattordici nominativi nei database di polizia e carabinieri ha già dato un riscontro positivo in due casi. E le indagini sono appena all’inizio.
CHAFROUD, L’UOMO DI GRAVINA
Choukri Chafroud è l’ultimo a parlare con Bouhlel al telefono e tre ore prima della mattanza viene ripreso da telecamere di videosorveglianza vicino al camion. Per questo è stato arrestato. Tunisino, 37 anni, ha vissuto per due anni in Italia, fino al 2014: la sua ultima residenza è stata Gravina di Puglia, dove ha lavorato in una masseria di Crispiano. Poi si è trasferito a Lecce, e infine in Francia, senza tagliare i legami con la Puglia e con alcuni tunisini e albanesi. A Napoli l’ex compagna è stata fermata, interrogata e rilasciata, a Bolzano sono stati sentiti gli ex coinquilini di Chafroud. Tutti raccontano la stessa versione: «Lo abbiamo perso di vista. Non sappiamo se si sia radicalizzato, né perché scrisse su facebook a Bouhlel quella frase (“Carica il camion. Molla i freni, amico mio ed io guarderò”, ndr)».
LA DONNA DELLA PISTOLA
Ha trascorsi recenti nel nostro Paese anche Enkeledja Zace, la donna albanese accusata, insieme col marito Artan Henaj, di aver procurato a Bouhlel la pistola calibro 7.65 che ha usato sulla Promenade. Arrestata un anno fa a Ventimiglia per sfruttamento dell’immigrazione clandestina, attraversa più volte l’Italia tra il 2015 e il 2016. Ultimo passaggio: 13 giugno, porto di Bari, dove è controllata dalla Polizia di frontiera mentre rientra da Durazzo.
LA RETE DEL PAESE DELLE AQUILE
C’è, dunque, un preoccupante filo jihadista che conduce in Albania? Secondo la nostra intelligence, sì. Da informative condivise con i servizi esteri appare certo che l’Is stia “investendo” sulla radicalizzazione nel paese delle Aquile. E che il Califfato – come dimostra il caso di Moutaharrik Abderrahim, il pugile di Lecco che si stava attrezzando per fare un attentato a Roma su indicazione di uno sceicco non ancora identificato – stia ordinando di non partire per la Siria ma di combattere la jihad in occidente.
L’ALLARME PER I LUOGHI DI CULTO
L’attentato di Nizza ha spinto il capo della Polizia Franco Gabrielli a emanare ai questori una nuova “circolare di allertamento”, con l’invito a prevedere misure di sicurezza speciali (transennamenti e aree di prefiltraggio) per processioni, manifestazioni e festività religiose. Attorno a chiese, basiliche, sinagoghe, centri culturali sarà aumentata, se ritenuto necessario, la presenza di pattuglie e agenti in borghese. Con la consapevolezza dell’impossibilità di “coprire” 26mila parrocchie. Proprio ieri il questore di Milano Antonio De Iesu ha annunciato di voler «rivalutare» tutto il sistema di sicurezza del Duomo, «dalla vigilanza interna alla videosorveglianza», dopo che un giovane turista statunitense vi è rimasto chiuso tutta la notte, per errore.
IL PAPA NON HA PAURA
Sul tema sicurezza, però, Papa Francesco non ha intenzione di modificare la sua posizione: le porte delle chiese devono rimanere sempre aperte; no alla presenza di soldati armati davanti agli ingressi. L’Ispettorato vaticano ha aumentato la presenza di agenti in borghese a San Pietro, e il passaggio nei metal detector è diventato obbligatorio anche durante l’Angelus. La “papamobile” blindata resta in garage: il pontefice non la vuole.