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 2016  luglio 28 Giovedì calendario

La strategia dell’Isis spiegata in breve da Sergio Romano

Gli ultimi attentati mi convincono ancora di più che è una strategia di guerra contro i cristiani. Qual è la sua opinione in merito?
Annibale Antonelli
annibaleantonelli@virgilio.it

Caro Antonelli,
Vi è guerra di religione là dove due comunità o nazioni di fede diversa si combattono per affermare la verità del proprio credo e distruggere o convertire il nemico. È accaduto per qualche secolo soprattutto fra cattolici e protestanti, nell’ambito del cristianesimo, ma sempre in un contesto in cui la fede religiosa era spesso strumento o pretesto per altri fini. Nel caso dell’Isis, gli attentati degli scorsi mesi nascondono una precisa strategia politica.
Con la conquista di Mosul, nel 2014, il movimento del «califfo» Al Baghdadi ha cercato di creare uno Stato islamico che sarebbe divenuto punto di riferimento e centro di raccolta per un numero crescente di fedeli. Oggi l’Isis, costretto a ritirarsi da una buona parte dei territori conquistati, sta perdendo la partita in Iraq ed è stato costretto a modificare la propria strategia. Si serve di accoliti fanatici, pronti alla morte, per attentati suicidi nel Paese europeo in cui sono spesso nati e cresciuti. Naturalmente questi attentati suicidi comportano un doppio prezzo: la morte degli esecutori e una maggiore esposizione dell’Isis alle indagini dei servizi di sicurezza. Valgono la spesa, quindi, se sono particolarmente clamorosi e se diffondono nella società nemica sentimenti di rabbia, voglia di vendetta, misure repressive contro intere comunità musulmane. Soltanto così sarà possibile sostituire i «soldati» caduti (come l’Isis chiama i suoi terroristi) con un numero crescente di nuove reclute.
L’attentato di Nizza e l’assassinio del parroco di Saint-Etienne-du-Rouvray sono probabilmente, in questa prospettiva, particolarmente efficaci. Il primo colpisce molte persone in un momento di riposo e di svago, diffonde nella folla un forte sentimento di insicurezza, consente alle forze politiche populiste di denunciare l’inettitudine dei governi. Il secondo diffonde il timore che l’uccisione di un parroco faccia parte di una strategia diretta contro la cristianità e i suoi fedeli. Quanto più un attentato riesce a generalizzare e allagare lo scontro, tanto più è facile per l’Isis reclutare nuovi volontari.