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 2016  luglio 28 Giovedì calendario

Ci sarà un Salone del libro a Milano

Gli editori vanno avanti con Milano, ma non è stato un plebiscito come molti davano per scontato. Fino all’ultimo i fautori di una nuova fiera editoriale e il fronte di chi voleva continuare a cercare un dialogo con il Salone di Torino si sono confrontati, contandosi. E ieri la discussione che ha preceduto il voto del Consiglio generale è stata lunga e accesa. Anche Federico Motta, il presidente dell’Aie, lo fa capire: «Il consiglio generale ha dibattuto a lungo, riflettuto a lungo, discusso a lungo. E ha deciso di percorrere la strada della costituzione di una società con la Fiera di Milano che ha come missione la promozione del libro sul territorio nazionale attraverso manifestazioni su tutto il territorio». I contenuti di questa Newco, partecipata al 51 per cento da Fiera Milano e al 49 per cento dall’Aie, sono quelli noti ormai da giorni: «una fiera a Milano a maggio, il potenziamento a Roma della fiera dei piccoli editori Più libri più liberi che dal prossimo anno si trasferirà nel nuovo centro congressi, la Nuvola di Fuksas, e una manifestazione al Sud che vogliamo pensare itinerante». Si parte con Milano, si chiude con Torino, dunque, nonostante negli ultimi tempi ci sia stata la corsa a non voler presentare la questione come una sfida a due. La porta che l’Aie lascia aperta alla collaborazione è davvero troppo stretta e l’invito del Consiglio a «proseguire con la Fondazione per studiare, progettare e realizzare eventi legati alla promozione della lettura coerenti con il nostro progetto», come dice Motta, sembra piuttosto vaga.
Dei 39 membri del Consiglio hanno votato in 32 (le deleghe non erano ammesse). I sì sono stati diciassette, otto gli astenuti e sette i no, tra cui quello pesante e per alcuni inaspettato di Feltrinelli. Prevedibile il voto a favore dei grandi gruppi, Gems e Mondadori, da sempre sostenitori di una fiera a Milano. Dal gruppo di Segrate si è smarcato Ernesto Franco, direttore editoriale di Einaudi, che con l’astensione ha evitato lo schiaffo a Torino, la città dove lo Struzzo è rimasto quasi l’unico simbolo editoriale.
Il fronte del no ha fatto molto leva sulla posizione del ministro dei Beni culturali Dario Franceschini, solidale con le istituzioni torinesi che fino all’ultimo hanno cercato di convincere gli editori a evitare lo strappo, sopratutto dopo che la sindaca Chiara Appendino ha rinegoziato il contratto dimezzando l’affitto da 1 milione e 200 mila euro a 600 mila e prospettando agli editori la possibilità di una diminuzione sostanziosa dei costi. «Ma la Fondazione voleva comunque il 35 per cento delle royalties» ha commentato Giorgio Albonetti che con Mirka Giacoletto, Stefano Mauri ed Enrico Selva Coddé fa parte della commissione che ha studiato il nuovo progetto. Il punto, secondo Motta, non è tanto Torino o Milano, ma «un progetto nostro, fatto dagli editori, come succede in tutte le città del mondo». È vero che Torino aveva offerto agli editori di organizzare loro il Salone, ma questo sarebbe dovuto avvenire attraverso un bando a cui l’Aie doveva rispondere. Il salone di Milano (provvisoriamente chiamato MiBook, ma il nome, hanno confermato ieri, cambierà e sarà in italiano) è sostenuto anche dal piemontese Antonio Monaco, presidente del gruppo dei piccoli editori, nonostante alcune delle voci più critiche delle ultime settimane venissero proprio da editori indipendenti che temevano di restare schiacciati dai grandi gruppi editoriali. «Hanno afferrato la volontà non di contrapporsi al passato ma di pensare ai problemi dell’oggi, di fare una iniziativa dove tutti, editori, librai, autori, illustratori siano protagonisti».
Mentre Mirka Giacoletto, consigliera del gruppo accademico-professionale, vede nella nuova iniziativa «l’opportunità per un settore trascurato di essere al centro di una particolare attenzione e dare consistenza a progetti che altrimenti restano soltanto sulla carta». Parla di «un rafforzamento del ruolo degli editori» Enrico Selva Coddé, amministratore delegato di Mondadori Libri: «Si è arrivati a questa decisione dopo un lavoro attento e approfondito durato mesi, svolto da una commissione trasversale nella quale tutte le parti dell’associazione, ciascuna con le proprie e differenti peculiarità, hanno valutato una molteplicità di proposte».
Nonostante la linea sia quella di non esasperare la conflittualità con Torino, di fatto la fiera a Milano diventa un’alternativa secca, visto che si svolgeranno nello stesso mese di maggio. Lo conferma Corrado Peraboni, amministratore delegato di Fiera Milano, soddisfatto che «si sia colto che si tratta di un progetto nuovo, non di un trasloco. Fiera Milano ha un calendario pieno, tutto aprile è occupato dal Salone del mobile tra montaggio e smontaggio. Se non vogliamo sovrapporci al Salone di Torino, dovranno cambiare date loro».
«Loro» annunciano che andranno avanti verso l’edizione del trentennale senza l’Aie che però è formalmente ancora nel consiglio di amministrazione della Fondazione per il Libro. Motta conferma tuttavia il recesso: «La decisione di uscire è stata presa dal Consiglio generale all’unanimità il 25 febbraio. Non è stata formalizzata soltanto per correttezza istituzionale, considerato che c’erano le elezioni».
Sergio Chiamparino attacca: «Le intenzioni di Motta erano chiare da tempo e pretestuose. Ha lamentato lo scarso coinvolgimento degli editori ma non riesco a immaginare un coinvolgimento maggiore che inserire l’Aie tra i soci della Fondazione». Il presidente della Regione parla di un rilancio con un progetto «altamente innovativo nazionale, che coinvolga tutti i grandi capoluoghi, da studiare prima che si nominino i vertici». Per questo domani dall’Assemblea non uscirà Massimo Bray come presidente della Fondazione. Sulla stessa linea la sindaca Chiara Appendino che, tuttavia, sottolinea i «troppi errori passati»: «Lavoreremo con gli editori che non la pensano come Motta e giocheremo le nostre carte sul piano dell’innovazione culturale».