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 2016  luglio 27 Mercoledì calendario

Adel Kermiche, ritratto di un allegro tagliagole che voleva andare in Siria

Al parco giochi di rue Grimaud, cento metri dalla casa del tagliagole Adel Kermiche, una mamma originaria della Nuova Guinea spinge il passeggino. Dice che all’altro figlio, 19 anni anche lui, compagno di liceo finché Adel non ha preso a latitare – prima da scuola e poi dalla Francia, e pure questo era un segreto di pulcinella gliel’avevano detto che quello prima o poi lo avrebbe fatto. «Ce l’aveva in testa da un po‘ di colpire una chiesa, a qualcuno di quei ragazzi là lo aveva detto, tra loro la voce girava». Indica un gruppetto misto: alle otto di sera sono ancora all’incrocio con rue Nikola Tesla che era un fisico serbo ed è qui, in questa casa grigia e bassa come tutte le altre di “Le Cateliers”, sobborgo a edilizia sociale, alto tasso d’immigrazione di seconda e ormai terza generazione, che abitano i Kermiche.
«È impazzito», «è un coglione»: nessuno si sogna di difenderlo Adel. Nemmeno col linguaggio del corpo. Ragazzi che lo avevano visto ventiquattro ore fa, che ci parlavano e ci andavano insieme in motorino e gli dicevano di piantarla quando attaccava con la sua scimmia contro l’Occidente, i “nemici”, la chiesa. Non una famiglia ai margini, la sua. Nessun disagio a parte quel ragazzo radicalizzato al falso Islam del Califfato nero e sotto sorveglianza (quasi) speciale: sembra una beffa, lo è. Da quattro mesi, da quando era uscito dal carcere ginevrino di Champ -Dollon, Adel metteva il naso fuori da casa solo la mattina, dalle 8 alle 12: disposizione dei giudici, e il braccialetto elettronico alla caviglia, in teoria, avrebbe dovuto sgamare ogni infrazione. I giri alla moschea che sta a due passi da Sainte-Therese, l’altra chiesa. Gli after hour – per via degli obblighi da sorvegliato – in uno dei pochi caffé a tiro in quest’angolo di Saint-Etienne de Rouvray. Adel e l’altro “nostro soldato”, come li hanno ribattezzati i comunicatori dell’Is. Sentite che cosa ha raccontato la madre un anno fa a La Tribune de Geneve: «Da gennaio 2015, da che Adel era un ragazzo allegro, gentile, amante della musica e delle uscite con gli amici, ha iniziato a frequentare assiduamente la moschea». Gennaio 2015 vuol dire strage di Charlie Hebdo. «In tre mesi è diventato un’altra persona: diceva che in Francia non si poteva osservare la sua religione, parlava con espressioni che non gli appartenevano, era come stregato». È il principio della fine: la radicalizzazione. Adel inizia a chattare su Fb con altri “soggetti” e il 23 marzo instrada il suo “Piano A”: prendere un treno per la Bulgaria, proseguire per la Turchia e passare in Siria per unirsi l’Is. Un buco nell’acqua. Doppio perché ci prova due volte e due volte gli va male. Il capolinea delle iniziali velleità jihadiste porta la data di maggio 2015: ancora diciottenne è intercettato e respinto dalla Turchia, quindi arrestato all’aeroporto di Ginevra. Dopo qualche giorno in cella nel penitenziario di Champ-Dollon, viene estradato in Francia: condannato per associazione a delinquere con finalità di terrorismo. Un anno di detenzione, per i giudici, può bastare: il 22 marzo scatta la palla al piede, chiamiamola così, del braccialetto elettronico. Contro il provvedimento la Procura antiterrorismo di Parigi fa ricorso: ma il soldato Adel resta semilibero. Anche di portare a compimento il “piano B”. «Era arrabbiato perché voleva andare in Siria e lo hanno fermato», racconta un testimone. Come se a bloccarlo e a arrestarlo forse stato padre Jacques. Il ragazzino diventato tagliagole, un fratello ingegnere e una sorella maestra di asilo, pensa in grande. Ma a corto raggio. Dalle sue parti trova terreno fertile. Le Parisien ricorda che a fine novembre 2015, sulla scia degli attentati di Parigi, l’antiterrorismo traccia una filiera jihadista nel Dipartimento della Seine-Marittime, qui in Normandia. Qualcosa di più di un gruppo di ragazzotti deviati. Aspiranti jihadisti desiderosi di raggiungere la Siria come Adel. E come il secondo attentatore dell’attacco, che sarebbe un minore che proveniva dall’Algeria, fratello di una persona in stato di arresto. Smanettoni del web e “soldati” pronti al martirio.