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 2016  luglio 26 Martedì calendario

Mps, tutte le opzioni dell’intervento pubblico

Che al Montepaschi convenga sbarazzarsi dei non-performing loans, perchè ingessano il bilancio, assorbono capitale inutilizzato, frenano la capacità di erogare nuovi prestiti e riducono la profittabilità, non è una novità. Vale tra l’altro per tutte le banche europee oberate da quei 950 miliardi di Npls che a fine 2015 equivalevano al 9% del Pil dell’eurozona (come ricordato ieri da Vítor Constâncio, vicepresidente della Bce). Che il Mps abbia bisogno di ricapitalizzarsi, soprattutto dopo la carenza di capitale che verrà evidenziata dai risultati dello stress test resi noti il 29 luglio o dopo la vendita di Npls a prezzi inferiori al valore di libro, ebbene, neanche questa è una novità. L’ennesimo tonfo dell’istituto senese ieri in Borsa si spiega piuttosto per la mancanza di una soluzione chiara, definitiva e inequivocabile ai noti problemi della banca: con o senza paracadute pubblico. L’intervento dello Stato non può essere più un bail-out vecchia maniera (totalmente a carico dei contribuenti) perchè è diventato una misura eccezionale, tollerata dalle norme del bail-in (salvataggio interno con la condivisione delle perdite tra tutti i creditori). In circostanze straordinarie, comunque lo Stato può intervenire, come sottolineato nei giorni scorsi dal presidente della Bce Mario Draghi. Lo stesso concetto lo ha ribadito ieri Constâncio, in riferimento alla bad bank con supporto pubblico, uno strumento che non può più essere utilizzato sulle sofferenze dopo l’entrata in vigore della nuova normativa sugli aiuti di Stato in ambito bancario: «l’attuale situazione, alla luce del nuovo round di prezzi al ribasso in Borsa dopo Brexit – ha detto il numero due della Bce – merita una riflessione approfondita sull’opportunità di controbilanciare le carenze del mercato con un piccolo supporto pubblico al fine di migliorare in maniera incisiva la stabilità di alcuni settori bancari».
Così, in attesa del verdetto di venerdì, il mercato continua a interrogarsi su come, se e quando lo Stato italiano darà un sostegno al Montepaschi: e se questa sarà la prima di una serie di operazioni per aggredire il problema dei Npls in maniera strutturale. All’interno delle regole in vigore, il ventaglio delle opzioni è in effetti ampio. Innanzitutto, la tranche di Npls mezzanine o equity piece, sulla quale Bruxelles avrebbe vietato all’Italia di utilizzare una garanzia pubblica, potrebbe essere venduta al fondo Atlante a prezzo di mercato (o leggermente più alto, con partecipazione della Cdp e altri investitori istituzionali). La tranche senior della cartolarizzazione dei Npls del Montepaschi verrebbe poi collocata sul mercato con la garanzia Gacs del Tesoro (concessa a prezzo di mercato calcolato sulle quotazioni dei Cds) e neanche in questo caso di potrebbe parlare di aiuto di Stato, ma intervento pubblico. Per velocizzare i tempi, e in attesa del collocamento dei senior bond sul mercato, il Montepaschi potrebbe farsi anticipare l’importo tramite un prestito ponte di una banca estera (la Jp Morgan): questo bridge loan potrebbe essere a sua volta garantito dallo Stato, in quanto l’articolo 32 comma 4 lettera d, ii, della direttiva Brrd consente “una garanzia dello Stato sulle passività di nuova emissione” nei casi di sostegno finanziario pubblico straordinario “al fine di evitare o rimediare a una grave perturbazione dell’economia di uno Stato membro e preservare la stabilità finanziaria. Garanzia anche in questo caso concessa a prezzo di mercato”.
Sulla base del prezzo di vendita dei Npls, delle necessità di capitale aggiuntive relative all’intero portafoglio dei crediti deteriorati, agli aggiuntamenti conseguenti sul risk weighted asset e in seguito al risultato dello stress test, al Montepaschi potrebbe essere riconosciuta dalla Commissione europea la necessità di portare avanti una “ricapitalizzazione precauzionale” con il supporto dell’intervento pubblico. Verebbe escluso il bail-in con perdite a carico dei detentori di obbligazioni senior e depositi oltre i 100mila euro, ma a quel punto sull’operazione Montepaschi potrebbe scattare il burden sharing, perdite non solo a carico degli azionisti ma anche dei detentori di prestiti subordinati. Anche in questo caso, l’intervento dello Stato potrebbe ritornare riproponendo il burden sharing già collaudato in Spagna, con un risarcimento mirato agli investitori retail che hanno sottoscritto i prestiti subordinati inconsapevoli del rischio sottostante. Tutte opzioni, queste, che restano in sospeso perchè dal tavolo tecnico della finanza stanno passando ora al tavolo della politica. E quando entrano in campo le valutazioni politiche – impatto sull’elettorato – è proprio il momento che mercati vanno in tilt.