Corriere della Sera, 26 luglio 2016
Vita e avventure di Ernst Reuter
Suppongo che lei conosca la vita di Ernst Reuter, che mi risulta avesse aderito al movimento bolscevico, da cui fu successivamente espulso. Non conosco il motivo della rottura con i sovietici; so solo che, dopo la Seconda guerra mondiale, essi gli impedirono di assumere le mansioni di borgomastro di Berlino.
Potrebbe tracciarne un profilo?
Filippo Ferreti
filippo.ferreti@libero.it
Caro Ferreti,
La vita di Reuter ricorda per qualche aspetto quella di Josip Broz, meglio noto alla storia con il nome di «Tito». Il primo era nato nel 1889, il secondo nel 1892. Entrambi avevano combattuto nella Grande guerra per gli Imperi centrali: Reuter per il Reich tedesco, Broz per l’Impero austro-ungarico. Entrambi erano caduti prigionieri dell’esercito zarista. Entrambi erano stati folgorati dalla rivoluzione bolscevica ed erano diventati comunisti. Ciascuno dei due, al ritorno in patria dopo la fine del conflitto, era diventato leader del proprio partito comunista. Ed entrambi, infine, si erano ribellati alla pretesa del comunismo russo di imporre la propria strategia ai partiti «fratelli» della Terza Internazionale. Cacciato da suoi compagni per ordine di Mosca nel 1922, Reuter aveva aderito al partito social-democratico ed era stato per molto tempo, durante la Repubblica di Weimar, membro del Consiglio municipale di Berlino. Odiato dai sovietici, non era meno odiato dai nazisti e dovette lasciare la Germania, dopo l’avvento di Hitler al potere, per trovare riparo in Turchia.
Terminata la guerra, Reuter ritornò a Berlino, si candidò alla carica di borgomastro della città e fu eletto. Ma la sede del Comune (il «Rathaus rosso», dal colore dei mattoni con cui era stato costruito) era nel settore sovietico della città e a Reuter non fu permesso di prendere possesso della carica. Il quadro cambiò quando Stalin, nel 1948 decise di bloccare gli accessi ai tre settori occidentali della città e di prendere Berlino per fame. La reazione fu il grande ponte aereo che rifornì la città per quindici mesi con 277.500 voli e 2 milioni e 325.000 tonnellate di viveri e altri generi di prima necessità. Ma prima di dare il via all’operazione, il generale americano Lucius Clay volle essere certo che i berlinesi avrebbero accettato di affrontare le molte difficoltà di una operazione mai prima sperimentata su quella scala. Nel libro pubblicato da Mondadori nel 1998 ( Berlino storia di una metropoli ), Alexandra Richie ricorda che Clay convocò Reuter nel suo ufficio e gli chiese quale sarebbe stato l’atteggiamento dei berlinesi. Il borgomastro rispose che la posizione dei suoi concittadini era fuori discussione: «Si sarebbero impegnati per la propria libertà e avrebbero accettato con riconoscenza qualsiasi aiuto fosse stato loro offerto».
Il blocco ebbe un altro effetto che i sovietici non avevano previsto. Liberò i tre settori occidentali dalla Kommandatura quadripartita in cui i sovietici potevano esercitare un diritto di veto e quindi impedire a Reuter di assumere finalmente la carica di borgomastro. Nuovamente eletto dai settori occidentali, Reuter fu sindaco di Berlino fino alla sua morte il 29 settembre 1953.