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 2016  luglio 26 Martedì calendario

Luglio in una Milano irriconoscibile. Cronache dal 1949

Luglio sevizia Milano, la odia e l’ama, dubita di lei, ecco tutto, la opprime perché troppo ha stentato ad averla. «Credimi, sono tua» essa gli dice con l’affanno; lui tiene d’occhio il corso Sempione (non potranno arrivare che da quella parte le prime foglie secche), l’abbraccia selvaggiamente, replica: «Si, cara, sì e come mi chiamo?»: brucia, delira, è pazzo.
All’alba, nei prati della periferia, i grilli che hanno perduto l’autobus dell’ultimo soffio notturno con cui potevano andarsene si capovolgono e spirano: quei punti neri, più tardi, che il passante calpesta nell’erba grigia, sono alucce carbonizzate. Dunque il sole ricomincia: sulla facciata di ogni palazzo c’è una vaga e drammatica attesa, non dissimile da quella della calce viva quando i muratori stanno per gettarvi l’acqua che vi susciterà i palpiti (una dolorosa agonia) di cento gole bianche; sui tetti poggia qualche nuvoletta geometrica, di serie, prefabbricata, ma si sfalderà tra un minuto in un minuto; dal piccolo caffè nel viale un cameriere esce col suo tavolino di vimini imbracciato come uno scudo: quattro passi e già oscilla... non sarai tu, amico, il gladiatore capace di battere in campo aperto il mese di luglio a Milano!
Ci sveglia il nostro odore, buono e indispensabile che sia, nel cuscino madido. Dove sono le coltri, i pensieri, il tempo? Dove sono il nome e la faccia di ogni cosa? Il gatto si corrompe sul tappeto, il soffitto ondeggia, il buio s’arrotola e slitta, la miccia che farà esplodere i colori nei quadri è accesa, la carta dei parati bisbiglia, il corridoio scricchiola (...).
Meglio uscire molto presto, l’aria della casa ci pesa addosso come un accappatoio fumante e ogni oggetto sembra domandarci un aiuto che non possiamo dargli: vedo sulla mensoletta, nel bagno, il baffo secco, duro, tagliente di uno schiavo mongolo; ne soffro gli strazianti rimproveri dicendomi: possibile che sia questo il mio docile pennello per la barba?
Esco, sì, esco: un dado, un cachet d’aria lo voglio. Ecco il portinaio che sta simulando la pulizia delle scale: immerge lo straccio nella secchia, lo inzuppa, lo solleva, fa per stenderlo sul pianerottolo... macché, è già asciutto. Le cassette della corrispondenza sono spalancate, approvo che si tenti cosi di impedire l’incendio spontaneo delle cartoline che le signore in villeggiatura mandano da Rapallo, da Stresa, da Ischia: qualche lettera si accartoccia: suppongo che il destinatario la stiri poi a lungo, con dolcezza, sulla torrida guancia che più sente la mancanza di Edvige o di Paolina.
Le fatiche di Milano continuano ma non si può negare che luglio la trasformi un poco. Qui specialmente, alla periferia, giungono bizzarri e validi messaggi dalla campagna. Sul muro di cinta della piccola officina, al minimo rumore, una frenetica punteggiatura di lucertole smembra gli elogi di cui sono ghiotti i campioni della politica e dello sport; il piazzale d’ingresso ha assunto la luce radunata di un’aia, mi aspetto di vedere gli operai sedervisi a sgranocchiare ingranaggi o ad agitare limatura di ferro nei setacci; da ogni interstizio dei rottami accatastati nel cortile sbuca un trapano verde; sono steli impavidi, guerrieri, feroci; sono i commandos del regno vegetale che fulmineamente espugnano le difese esterne di Milano.
Qui, qui, attenzione, c’è erba nei giunti della rotaia tranviaria, chiamate i pompieri! Giornalaio, c’è erba sul tuo chiosco! Droghiere, l’erba ha invaso e distrutto, non capisco, una sillaba del tuo nome nell’insegna! Siamo perduti, l’intero fronte cede?
Il panico mi soverchia, ho l’impressione di vedere erba dovunque, forse ne sono io stesso portatore, eccone un ciuffo (ditemi che un’allucinazione, rassicuratemi) persino fra le bombole del metano sul soffietto del taxi. Luglio ha cancellato con la spugna un po’ di folla; anche nel suo nucleo furioso Milano è irriconoscibile, nuova (...).

Stralcio dell’articolo pubblicato sul Corriere della Sera del 27 luglio 1949, dal titolo «Luglio a Milano». Courtesy: eredi Marotta