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 2016  luglio 26 Martedì calendario

Sembra il vecchio progetto di Bin Laden, quello dei «mille tagli»

Sembra il vecchio progetto di Al Qaeda e di Osama. Quello dei «mille tagli». Un’infinita serie di attacchi minori e poco costosi da realizzare in Occidente, ma dall’alto impatto sulla società e sulle economie. Lo avevano studiato per danneggiare gli Usa, nel 2010 lo hanno rilanciato in pubblico sulle pagine della loro rivista Inspire riprendendo l’idea di Bin Laden. «Fateli sanguinare a morte», era l’auspicio.
Ora sembra che l’Isis, non sappiamo quanto volontariamente, abbia deciso di renderlo attuale prendendo di mira l’Europa. Ai qaedisti, prudenti e metodici, serviva tempo, si dedicavano alla lunga pianificazione. Avevano persino pubblicato il conto della spesa per preparare un attentato: 4.200 dollari e non volevano neppure fare troppe vittime, bensì costringere la sicurezza ad allungare le difese. Era il loro modo d’agire e di pensare.
Lo Stato Islamico ha reso tutto più rapido, affidandosi a chiunque sia disposto ad associarsi alla sua causa. Dunque il mujahed che si è battuto in Iraq, il debosciato che si converte all’Islam radicale, il simpatizzante del quartiere difficile, il borghese che trova un nuovo ideale nello sgozzare gli «infedeli», il disturbato mentale facilmente manipolabile.
Per alcuni analisti è anche una conseguenza della difficoltà di restare al livello delle stragi di Parigi e Bruxelles. Troppi controlli: i piccoli «complotti» hanno maggiore successo di passare.
Le rivendicazioni sono adattate alla situazione. Semplici, standard, fatte con la copia carbone. Poche righe con i classici riferimenti alla «fonte della sicurezza», «al soldato del Califfato», «alla risposta all’appello a colpire». Cambia la città, ma le frasi sono identiche. Orlando, Nizza, Ansbach. Comunicati che seguono il giuramento di fedeltà al Califfo da parte del protagonista, come se si accodassero.
Dai loro rifugi i propagandisti Isis stendono una coperta ideologica che avvolge il ragazzo con l’ascia, il rifugiato con la bomba, l’autista del camion. La domanda se lo conoscessero per davvero prima dell’assalto è legittima. Ma a loro basta quella manciata di secondi registrata su un telefonino, piena d’odio e di progetti bellicosi.
Alcune di queste operazioni paiono nate per caso, per opportunità. C’è uno disposto a fare, lo prendono a bordo, senza guardare ai suoi precedenti. Se hanno degli uomini sul terreno cercano di impiegarli come appoggio, un puntello che può essere determinante.
Senza questa figura, l’aspirante terrorista rischia di rimanere tale, in attesa che si apra l’occasione.
I «mille tagli» sono inferti dall’estremista solitario, dalla cellula o da un insieme di «agenti in sonno» infiltrati con caparbietà in Occidente usando ogni via possibile. Alcuni guerriglieri sono designati per la missione, legati alle fronte esterno, ma altri lo diventano solo in una seconda fase, dopo il massacro. Come Omar Mateen, lo stragista del night club gay in Florida.
In queste ore la polizia tedesca starà rivendendo il file con le dichiarazioni del pentito siriano Salah. Lui in febbraio aveva fornito informazioni ai francesi che paiono trovare conferme in quanto sta accadendo nelle località tedesche.
Secondo le sue confessioni, Abu Haret, un tunisino con un ruolo importante al vertice dell’Isis, ha mandato verso i Paesi europei un nucleo di kamikaze. Li ha dotati di denaro, gli ha suggerito di farsi passare per profughi e li ha messi sul sentiero classico dei disperati. Quello che passa da Grecia e Turchia per poi finire in Germania. Almeno due doveva farsi saltare per aria a Düsseldorf, magari dopo aver sparato sulla folla in stile Bataclan con i Kalashnikov.
Grazie alle dritte di Salah, in giugno, sono stati arrestati alcuni sospetti mentre un altro ricercato sarebbe annegato nell’Egeo durante la traversata. Indagini sono state condotte anche in Belgio, Olanda e Francia. Una minaccia in apparenza parata. O forse solo deviata.