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 2016  luglio 26 Martedì calendario

La storia della cassaforte di casa Agnelli

Proprio domani Exor compirà una veneranda età. A fondarla, il 27 luglio di ottantanove anni fa, fu il capostipite della dinastia Fiat, Giovanni Agnelli. Lo fece per collocare nella società chiamata allora Ifi, acronimo che stava per Istituto finanziario industriale, tutte le partecipazioni che aveva acquisito dalla fondazione dell’azienda automobilistica. Era un affare di famiglia e tale rimase negli anni anche quando la guida passò nelle mani dell’Avvocato che si preoccupò di conservare gelosamente questa caratteristica. Il pieno controllo consentì di realizzare operazioni come l’ingresso a metà degli anni Settanta del capitale libico in Fiat, la sua uscita dieci anni dopo, e più tardi, e in una situazione completamente mutata, la conquista di Chrysler e la nascita di Fca. John Elkann, il “nipotissimo” predestinato al vertice di Fiat e poi alla holding finanziaria della famiglia, provvede ora a scrivere il nuovo capitolo di Exor che, se ben analizzato, mostra come tutto segua un percorso iniziato da cinque anni.
Nell’immaginario collettivo Exor è da sempre la “cassaforte della famiglia”. Non è un caso che la sua ultima sede sia stata proprio la residenza di corso Matteotti, palazzo neoclassicheggiante conosciuto dai torinesi come la casa degli Agnelli. Già da quando era Ifi con la consorella Ifil, Exor ha seguito e in più d’una occasione determinato i destini di Fiat. Ma è stata anche altro negli anni in cui Umberto Agnelli, in “esilio” dopo il dissidio con Cesare Romiti, avviò alcune diversificazioni con risultati che si sarebbero rivelati utili negli anni delle difficoltà del gruppo. Nel passaggio di secolo e poi con la morte dell’Avvocato nel 2003 e quella del fratello l’anno successivo si produce il cambiamento che culminerà nell’operazione Chrysler ma conterrà anche la fine di un’era per quanto riguarda le finanziarie di famiglia.
L’Ifi, non ancora Exor, a quell’epoca ha un orizzonte importante ma ripiegato sulla partecipazione principale che è quella Fiat. Ciò spiega la sua composizione familiare, chiusa a tutti gli estranei che non fossero personaggi come Gianluigi Gabetti il cui lungo servizio gli ha consentito di essere professionalmente adottato. È dunque il neopresidente di Fiat, agli inizi dell’era Marchionne, a immaginare una forma di internazionalizzazione che tende a sprovincializzare Ifi e dopo la fusione di questa con Ifil, anche Exor. Ancor prima di questo passaggio è appunto John Elkann a guardare con insistenza oltre l’orizzonte domestico cercando per Exor nuove forme di diversificazione.
Cushmann & Wakefield e poi SGS, acquistate e vendute con importanti ritorni, sono stati un inizio negli anni in cui stava maturando l’affare Chrysler. «Guardiamo all’America e all’Asia, senza naturalmente perdere di vista l’Europa» ripeteva John Elkann quasi a voler rassicurare quanti erano perplessi di fronte a queste aperture internazionali fuori dal terreno industriale del passato. La grande crisi sembra rallentare questa marcia ma il presidente di Exor non ha mai rinunciato alla sua strategia per creare le condizioni di rilancio della holding, conquistando anche la fiducia di quanti all’interno della famiglia erano parsi inizialmente dubbiosi.
Le due operazioni dell’anno scorso, ovvero la conquista del controllo di PartnerRe colosso mondiale nel campo delle riassicurazioni con un investimento di 7 miliardi di dollari e l’acquisto del 43,4% di Economist, sono state di fatto la conferma di un processo al quale da ieri si aggiunge un capitolo importante. L’ingresso nel mondo Exor di personaggi come l’egiziano Nassef Sawiris (chimica e cementi), lord Jacob Rothschild, e attraverso Cascade Investment di Bill Gates, disegna la nuova dimensione di Exor, quella che voleva appunto John Elkann che ha ritagliato alla finanziaria di famiglia un posto nel mondo ma non ha rinunciato alle radici con la Torino nella quale si sta facendo costruire una nuova residenza.