Corriere della Sera, 25 luglio 2016
Tutto congiura a bloccare la vita quotidiana, che cieca e stupida non si arresta
Le efferate stragi di fanatici terroristi o di criminali squilibrati, la Brexit con tutte le sue implicazioni, le ondate di immigrati con le reazioni esaltate e le preoccupazioni ragionevoli che esse provocano, il pericolo di saltare in aria nei luoghi e nelle occasioni più impensabili imbarazzano o paralizzano governi, annunciano prossime difficoltà economiche – il che vuol dire gente che si trova senza il pane quotidiano – e crisi politiche, ma non fermano appetiti vitali, desideri elementari e abitudini coatte come la necessità, l’obbligo di andare in vacanza. Brexit significa oggi per innumerevoli turisti che non si sognano per questo di cambiare i loro progetti di ferie, quindici ore di coda per uscire dalla Gran Bretagna. Allo stesso modo, la certezza di un alto numero di morti nelle strade e nelle autostrade di Ferragosto non blocca né turba gli automobilisti che si mettono in viaggio.
Tutto ciò è probabilmente irragionevole, ma è difficile dire se sia un buono o cattivo segno. Tutto – la politica universalmente sempre più incerta e confusa, gli assassini in agguato da ogni parte, le crescenti difficoltà di distinguere alleati e nemici, i sistemi di sicurezza e protezione sempre più insufficienti – congiura a fermare, a bloccare la vita quotidiana. Ma la vita – cieca, stupida, indomabile nelle sue pulsioni – non si arresta, non si intimidisce, non si rintana.
Viviamo in un’epoca in cui il coraggio individuale e il senso di potersi trovare in circostanze in cui è necessario mettere a repentaglio la propria vita per aiutare gli altri si affievolisce sempre di più. Sono o sembrano sempre meno numerose le persone capaci di rischiare consapevolmente la vita, come Calipari, o di morire come Fabrizio Quattrocchi gridando ai suoi ebeti carnefici «guardate come muore un italiano». Pochi giorni fa, la televisione ci mostrava un bruto che picchiava ferocemente un disabile, mentre la gente passava accanto indifferente, tranne qualcuno che filmava la scena, spero per documentare il delitto ma temo per perverso voyeurismo e presunzione di sentirsi Visconti o Kubrick che gira un film. Confesso di aver pregato l’Onnipotente di inviare una buona dose di sofferenze al bestiale picchiatore e di ricordarsi di essere pure il Signore Dio degli eserciti.
A questa crescente viltà individuale, vero e proprio cancro di una civiltà che ha perso il senso di ciò che si deve e non si deve fare, si contrappone una sorta di vitalità collettiva che non si lascia intimidire dai segnali e dalle minacce di morte, forse perché non se ne accorge, e affronta fatiche, disagi anche stupidi e pericoli per andare in vacanza. Forse non è un cattivo segno.