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 2016  luglio 25 Lunedì calendario

I videogiochi battono cinema e musica: 92 miliardi contro 62 e 18

A meno che non viviate reclusi in un luogo senza Internet, senza radio e televisione, è probabile che nell’ultima settimana abbiate sentito parlare almeno una volta di Pokémon Go, un nuovo videogioco per cellulare uscito in Italia lo scorso 15 luglio. Pokémon Go è già diventato il fenomeno dell’estate, con milioni e milioni di download in tutto il mondo. L’interesse suscitato dal gioco è stato così forte che al momento della sua uscita le ricerche su Google che usavano come chiave il suo nome hanno superato quelle con la parola «porno».
In Italia, la app ha impiegato poche ore a diventare la più scaricata dai negozi online ed è rimasta in testa alla classifica per più di una settimana. Il fenomeno è stato così ampio che tutte le più grandi testate giornalistiche del mondo gli hanno dedicato articoli e riflessioni. Alcuni, come spesso accade, non hanno potuto fare a meno di criticare l’ennesima diavoleria tecnologica che distoglie i giovani dalle cose importanti della vita. Ma il successo di Pokémon Go racconta anche un’altra storia: l’affermarsi dell’industria dei videogame, arrivata oramai alla sua maturità, con un pubblico diversificato, fatto di giovani, ma anche di meno giovani, e che oramai vale decine di miliardi in tutto il mondo, un giro d’affari superiore persino a quello di musica e cinema sommati insieme.
LE APP PER CELLULARE
Pokémon Go è la prima versione Per cellulare del franchise dei Poké- mon, un gioco ambientato in un mondo di fantasia in cui alcuni “allenatori” catturano dei mostri, i Pokémon appunto, e li usano per sfidarsi l’uno contro l’altro. Il primo gioco della serie, che ha dato origine anche a fumetti e a cartoni animati, venne pubblicato nel 1996 ed era sviluppato per il Game Boy, la console portatile della Nintendo. Pokémon Go ha portato il livello di gioco su un altro piano, grazie ai sistemi di posizionamento Gps e alle fotocamere degli smartphone. Una volta lanciata la app (che è gratuita) sullo schermo compare una mappa della zona che circonda il giocatore, in maniera non troppo diversa da come accade con Google Maps. Sulla mappa sono presenti delle indicazioni generiche su dove si trovano i “mostri” da catturare. Il giocatore a quel punto deve muoversi nel mondo reale per cercare di individuarli. Una volta che gli arriva vicino, deve solo dare uno sguardo intorno a sé tramite la fotocamera del suo cellulare. Se è arrivato nel posto giusto, il Pokémon apparirà sullo schermo, come se si trovasse davvero davanti al giocatore. A quel punto, premendo il dito sullo schermo, bisogna lanciare una sfera e cercare di colpire il mostro per catturarlo. Il gioco consiste nel catturare il maggior numero di mostri, in modo da avere una buona “riserva” di creature con cui sconfiggere gli altri giocatori.
Nella app è presenta anche un negozio online, che costituisce uno dei sistemi con cui Nintendo è in grado di guadagnare da questa applicazione. Scaricare il gioco e giocarci, infatti è gratis, ma è possibile pagare per avere alcuni piccoli vantaggi. Ad esempio, per pochi euro si può comprare un’esca, che attrae i mostri nei pressi del giocatore, che così può risparmiarsi una lunga camminata e una ricerca potenzialmente difficile.
Questo modello di business è stato seguito da moltissime società che producono giochi per smartphone: una app gratuita, che permette di avere la diffusione più ampia possibile, e una serie di opzioni a pagamento, per chi vuole rendere il gioco più facile e meno frustrante. Esistono anche altri modi per fare denaro con queste app: dalle inserzioni pubblicitarie all’interno dei giochi alla raccolta di dati degli utenti, che vengono poi venduti a terze parti. Il risultato di queste innovazioni è che il mercato dei giochi per cellulare è oramai diventato un business con un giro d’affari miliardario: 22 miliardi di dollari nel solo 2015. Secondo alcune stime fatte alla fine dell’anno scorso, questa cifra è da sola superiore al fatturato di tutto il settore musicale, che nel corso del 2015 ha raccolto “appena” 18 miliardi di dollari.
UNA GRANDE INDUSTRIA
Sono numeri che fanno impressione soprattutto se si tiene conto che i videogiochi per cellulare sono solo una fetta dell’intero mercato videoludico e nemmeno la più grande. La quota più grossa è quella dei videogiochi per console, come l’XBox di Microsfotela Playstation di Sony. Nel 2015 sono stati venduti 27,5 miliardi di dollari di giochi per queste piattaforme. Un videogioco “tripla A” per PC o console, quelli prodotti dalle grandi case di produzione, ingegnere ha meccaniche complesse, come sparatorie spettacolari o inseguimenti mozzafiato, un doppiaggio da parte di attori professionali, spesso star di Hollywood, ed effetti speciali che non hanno nulla da invidiare a quelli dei film. Non è un caso, infatti, se i budget di questi prodotti sono del tutto comparabili a quelli dei mega blockbuster del cinema.
GTA V, ad esempio, un videogame in cui il giocatore ripercorre la storia di un gruppo di malviventi in una metropoli di fantasia che somiglia a Los Angeles, è costato circa 300 milioni di dollari (tanto quanto il più costoso film di supereroi) e ne ha già incassati più di 3 miliardi. Per fare un altro paragone, Il Risveglio della Forza, l’ultimo film della saga di StarWars, probabilmente il film più pubblicizzato della storia, ha incassato circa 250 milioni di euro nel primo weekend di programmazione. Fallout IV, uno dei videogame più attesi del 2015, ma sostanzialmente sconosciuto a chi non è appassionato di videogiochi, ha incassato 750milioni di dollari nelle prime 24 ore. Questa comparazione tra videogiochi e film non è casuale e non solo perché i videogiochi sono oramai diventati così sofisticati da somigliare a veri e propri film, ma anche perché nel 2015, i videogiochi sono arrivati a superare il fatturato totale del cinema sommato a quello della musica: 92 miliardi contro, rispettivamente, 62 e 18.
Il Vecchio Continente è in ritardo su questa nuova frontiera, ma «sta recuperando il suo svantaggio, soprattutto in paesi come il Regno Unito, il Nord Europa e i Paesi Bassi, dove sono stati molti abili a “fare sistema”, anche con l’aiuto di finanziamenti statali», spiega Daniele Loiacono, che collabora con il professor Pier Luca Lanzi al corso di Videogame Design and Programming al Politecnico di Milano, «e ci sono progetti interessanti anche nell’Europa dell’Est». A Varsavia, ad esempio, ha sede CD Projekt, la società che ha prodotto il videogame The Witcher III, uno dei blockbuster da centinaia di milioni di fatturato dell’anno scorso.
«In Italia invece c’è ancora un certo ritardo, anche se alcune cose hanno cominciato a muoversi». Esistono società abbastanza grandi, come Milestone, di Milano, che produce videogiochi di corse automobilistiche e realtà associative, come l’Associazione Editori e Sviluppatori Videogiochi Italiani, in grado di aiutare il settore a fare sistema, «ma restano ancora grossi problemi, ad esempio nella ricerca dei finanziamenti e pochi investitori hanno capito che i budget che oramai sono necessari per i grandi giochi ammontano centinaia di milioni». Agli italiani piace vantarsi di essere un popolo molto creativo, e pochi settori lasciano libera l’immaginazione come i design di videogame: probabilmente è arrivato il momento di mettere da parte lo scetticismo verso le novità e cercare di non perdere l’occasione di entrare in uno dei più settori più redditizi dell’industria dell’intrattenimento.