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 2016  luglio 25 Lunedì calendario

Il cambio di casacca è un business da 50mila euro a deputato

Era nata come una prerogativa concepita per garantire la libertà di espressione dei parlamentari. Ma negli anni si è trasformata in un vero e proprio malcostume. Per carità, tutto nel rispetto della Costituzione che, all’articolo 67, esclude il «vincolo di mandato». I numeri, però, impressionano. Dall’inizio della legislatura l’associazione Openpolis ha contabilizzato 358 cambi di casacca: 185 a Montecitorio e 173 a Palazzo Madama. Nel 2015, i gruppi hanno messo all’incasso circa 53 milioni di euro di contributi: 31,9 alla Camera e altri 21,3 al Senato. L’equivalente annuo di 49.200 euro a deputato e 59.200 per ogni senatore. Somme che, ad ogni passaggio da una componente all’altra, i rappresentanti del popolo portano in dote, pro rata mensile e giornaliera, al gruppo di approdo.
A Montecitorio, dal 2013, il Pd vanta un saldo attivo tra addii e new entry di 10 unità. Oggi conta 301 deputati e l’anno scorso ha incamerato quasi la metà dell’intero «contributo unico e onnicomprensivo»: 14,6 milioni di euro, 395 mila in più rispetto al 2014. Il M5S, che dall’ingresso in Parlamento ha perso 18 unità, ha visto ridursi il contributo dai 4,3 milioni di euro del 2014 ai 3,8 del 2015. Ma la compagine più colpita dalla transumanza è quella di Forza Italia con un saldo negativo di 48 deputati. L’anno scorso ha percepito 3,2 milioni di euro, circa 100 mila in meno del 2014. A beneficiare delle «diserzioni» tra le file della compagine azzurra è stato soprattutto Ncd: il movimento guidato dal ministro dell’Interno Angelino Alfano ha dato vita, insieme all’Udc, al gruppo di Area popolare che conta oggi 31 deputati. Nel 2015 ha incamerato quasi 1,5 milioni, 200 mila euro in più rispetto all’anno precedente. Scelta civica, fiaccata dalle defezioni (-30 il saldo dei deputati dal 2013), è scesa da 1,3 a 1,2 milioni. Sinistra italiana ha ricevuto un contributo di 1,3 milioni di euro, oltre 200 mila in meno del 2014. La Lega (oggi 18 deputati), cui sono andati 906 mila euro per il 2015, ha subito una sforbiciata di circa 90 mila. Mentre Fratelli d’Italia è passata da 448 mila a 422 mila euro. Poi c’è il gruppo Misto: 68 iscritti, con un saldo attivo di 38 tra deputati persi e guadagnati dal 2013. Ma con un «handicap» rispetto alle altre componenti parlamentari. «Tutto il personale cosiddetto Allegato A e B, non di ruolo e soggetto a rinnovo contrattuale ad ogni legislatura, ci è costato nel 2015 circa 1,8 milioni – chiarisce il tesoriere del gruppo Misto, Oreste Pastorelli –. I restanti 1,2 del contributo complessivo di circa 3 milioni sono stati ripartiti tra le diverse componenti del gruppo. In pratica, dei 4.166 euro mensili spettanti per ogni singolo deputato, ne sono rimasti in media 2.400 per ogni parlamentare delle diverse componenti».
Al Senato, i 21,3 milioni del 2015, comprendono 2,4 milioni di quota fissa suddivisa tra gli 8 gruppi (300 mila euro ciascuno). Il resto, la parte variabile, è stata assegnata in base alla rispettiva consistenza numerica. A farla da padrone, con 6,4 milioni (6,1 nel 2014), è sempre il Pd che oggi conta 113 iscritti con un saldo attivo tra nuovi ingressi e divorzi di 8 unità. Il M5S, ridotto dall’inizio della legislatura a 35 senatori (-18 il saldo), nel 2015 ha incassato 2,4 milioni (2,6 l’anno precedente). Letteralmente falcidiato, il gruppo di FI: ridimensionato a 40 iscritti (-50 il saldo) è sceso dai 3,2 milioni del 2014 ai 2,9 dell’anno scorso. Anche a Palazzo Madama, a beneficiare dell’esodo azzurro è stata soprattutto Area Popolare: l’anno scorso il contributo è salito a 2,3 milioni (+300mila). Con 12 senatori oggi iscritti, la Lega si è dovuta accontentare di 938 mila euro (-100 mila). Poi c’è il gruppo Gal: 978 mila euro (+130 mila). E, infine, il Misto (oggi 28 senatori, +12 il saldo dall’inizio della legislatura): nelle casse del gruppo, in ragione degli iscritti, sono entrati 2,3 milioni, circa 250 mila in più del 2014).