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 2016  luglio 23 Sabato calendario

Perché leggiamo l’oroscopo

Mai nutrire aspettative di coerenza e men che meno misurare con pedanteria quello che si avvera e quello che no. In amore, certo, ma anche nell’astrologia conta più la danza magica intorno alle cose che le cose stesse. Lo sapeva l’astronomo Giovanni Keplero, che nella sua vita compilò 800 oroscopi ma non credette nemmeno a uno di questi. Al contrario di Galileo il quale, come osserva Till Neuburg in Astri e disastri (Fazi), confezionava predizioni astrali per se stesso e per gli altri – peccato che vennero lasciate fuori dalla sua opera omnia.
Se è vero che il 17% degli italiani dice di riporre fiducia nell’astrologia (sondaggio di Swg pubblicato su l’Unità il 30 aprile scorso e con ogni probabilità tarato al ribasso, visto che un’occhiata allo zodiaco al mattino la danno tutti) e, stando a un sondaggio della Doxa di qualche anno fa, almeno la metà legge le previsioni (per non parlare della presenza degli astrologi in tv) bisogna chiedersi come si concilia questo inossidabile bisogno di disegni siderali con la parallela, inesausta domanda di chiarezza, di verità, di «streaming», di bugie da smascherare. «Ma è questo il punto – dice Marino Niola, antropologo della contemporaneità, come si definisce —: i veri superstiziosi sono quelli che fanno le pulci agli oroscopi. Qui parliamo di simboli, coincidenze astrali, di una cultura antica e profonda che non va banalizzata con la domanda: ma si avvera o no? Oltre a essere inutile, è una domanda dannosa perché lascia intendere che dall’oroscopo si può dipendere. Quando questo è e deve rimanere un interessante e ricco esercizio di erudizione».
Gli fa eco lo psicanalista torinese Giacomo Dacquino: «Attenzione a dare troppa importanza alle predizioni, perché viviamo in tempi di grande insicurezza, nata anche da una globalizzazione incontrollata. Lo dimostra la risposta entusiasta della gente comune all’elezione al soglio pontificio di un papa come Francesco, uno pragmatico, attento ai bisogni dei singoli».
Cuspidi, ascendenti e lune sono parte di una cultura antica e nobile, come ci ricorda Elide Casali in Spie del cielo (Einaudi), dove le «spie» erano quei coltissimi astrologi che papi e re tennero in alta considerazione dal Quattro al Seicento. «Quando il sapere era articolato, non fermo al puro raziocinio ma innervato di suggestioni, simboli, richiami a una natura viva», commenta l’astrologo Marco Pesatori.
Abbiamo allora perso qualcosa nel passaggio all’Illuminismo, quando la ragione ingaggiò una battaglia (mai conclusa) con religioni e superstizioni? Forse no, perché anche uno psicanalista come Carl G. Jung nel 1911 scrisse a Freud: «Di sera sono molto impegnato con l’astrologia. Sto facendo calcoli oroscopici per rintracciarvi il grado di verità psicologica».
Questo non significa che il grande teorico dell’Archetipo leggesse le previsioni d’amore o di lavoro del proprio segno, ma significa che non smetteva mai di esplorare l’insondabile, incuriosito da questa forma di dominio del presente nel nome del futuro. «Perché di questo parliamo – commenta Roberto Donzelli, che cura l’oroscopo per Io donna —: quando analizziamo il transito dei pianeti e le relative opposizioni, offriamo suggestioni. Le garantisco che dopo mezz’ora nessuno si ricorda più della previsione che lo riguarda. Ah, a proposito: in questa prima fase dell’estate, Venere in Leone favorisce l’amore per i segni di Fuoco». Per dire.
Donzelli cura questa pagina con dei contributi letterari firmati da Chiara Gamberale, cosa che ci porta su un altro terreno: da Rob Brezny su Internazionale a Pesatori su Vogue, gli oroscopi sono sempre più colti, narrati, pieni di rimandi culturali. Niola non si sorprende: «Oggi non ci raccontiamo più attraverso le grandi narrazioni ed è per questo che il racconto si incarna in tante microstorie, come un fiume che si incunea in piccoli alvei. L’oroscopo non sfugge a questa infinita, irradiante mitologia nella quale siamo immersi. E che azzera la Storia: ci faccia caso, oggi nessuno va più a verificare se si avvera quello che un politico ha annunciato. Quello che importa è il plot che lo ammanta».
Questo spiegherebbe perché anche chi crede alle previsioni astrologiche finisce per «piegare» la verità, ignorando la vaghezza del responso, come denuncia da anni il Cicap, un comitato di controllo sulle affermazioni del paranormale che fa «fact checking» agli oroscopi. Forse la strada è quella di ripartire dalle parole: per esempio «considerare», viene dal latino e significa «con le stelle». Chissà, forse un uso intelligente della ragione è compatibile anche con gli occhi all’insù, in una notte d’estate.