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 2016  luglio 01 Venerdì calendario

I soliti siparietti isterici e il talento che alla fine salva Fognini. Cronache da Wimbledon

Una fila ancor più vecchia del proprietario mi ha costretto ad arrivare in ritardo al match dell’italiano più noto, Fabio Fognini, match al quale avevo in parte assistito ieri, e che mi intrigava per varie implicazioni. Il matrimonio dello stesso Fognini con Flavia Pennetta, il rendimento attuale del tennista, e il match contro un argentino dal nome italiano, Delbonis, interrotto mercoldì sera.
Sul campo n. 11, assiepato da turisti italiani, i due avevano da poco iniziato la partita e, nel farmi posto dietro la sedia dell’arbitro francese, Philippe Maria, un rappresentante di Wimbledon mi informava che Fognini aveva cominciato maluccio, nonostante fosse ripartito in vantaggio, 4-1 al terzo.
Non facevo in tempo ad annotare alcune esplosioni del servizio di Delbonis, una battuta mancina con palla lanciata altissima e colpita brutalmente, che Fabio pareva ritornare d’un tratto ai siparietti che l’hanno reso celebre, e nel cambiare campo spezzava sul paletto, a un metro da me, le corde della sua racchetta. Per fortuna l’arbitro era di spalle, e si evitava così un sicuro warning, mentre udivo mormorare una, per me, misteriosa affermazione che non riuscivo a tradurre al mio vicino incuriosito “anche le querce fanno i limoni”.
Simile considerazione, forse relativa al giardinaggio, non evitava a Fabio la perdita del set mentre, al mio fianco, prendeva posto un ignoto cronista, forse argentino, che andava annotando le prime palle in campo di Delbonis. Dall’altezza di più di tre metri – 1.90 + racchetta + braccio – piovevano infatti continue granate, ma la manina di Fabio riusciva spesso ad addomesticarle, a supremo esempio con un lobbetto pubico, tra le cosce, che lasciava interdetta la belva, e raddoppiava il break di inizio set, spingendo la partita al quinto.
Quando, sullo 0-3 al quinto, il mio vicino si allontanava in direzione di un’ignota radio intercontinentale, era l’improvviso manifestarsi di un talento a volte assente a riapparigliare le vicenda con 14 punti a 2, e addirittura a ribrekkare ben due volte quel servizio dall’apparenza invulnerabile, sino al 6-3 decisivo. Degli altri match italiani due erano già segnati. Il buon Seppi capace di palleggiare anche sull’erba non poteva competere con la violenza di un Raonic, al quale il nuovo consulente John McEnroe non ha certo migliorato un servizio capace di 25 aces figurarsi.
Ammirevole per l’umiltà, insolita in una vincitrice di uno Slam, la Schiavone non poteva far altro che mostrare qualche colpo-ricordo contro Simona Halep, la romena di 15 anni più giovane. E, infine, una Errani sempre a disagio sui prati, nonostante l’attività famigliare rivolta agli ortaggi, offriva alla francesa Alizèe Cornet un successo probabilmente irripetibile su un fondo diverso.
Mentre spedisco un pochino abbacchiato questo pezzetto, incontro due miei amici spagnoli addirittura disfatti. «Cosa vi capita? Non sarete nella mie condizioni» domando. «Ancora peggio» mi rispondono ad una voce. Apprendo così che la nuova spagnola, ex venezuelana da poco acquistata, Garbine Muguruza, è riuscita a perdere contro la Signorina Nessuno, tale Jana Cepalova, slovacca, addirittura una qualificata. Mal comune, poco gaudio, concludo.

Uomini: Fognini b. Delbonis 6-4, 1-6, 6-7 (3), 6-2, 6-3; Dimitrov b. Simon 6-3, 7-6 (1), 4-6, 6-4; Raonic b. Seppi 7-6 (5), 6-4, 6-2.
Donne: Vinci b. Ying Ying 6-3, 7-5; Cornet b. Errani 7-6 (4) 7-5