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 2016  giugno 29 Mercoledì calendario

La strangola e poi mette il corpo in un frigo. È successo a Modena

Strozzata dopo l’ennesima discussione violenta. Il cadavere nascosto in un vecchio frigorifero non funzionante. Una storia durata sette anni fatta di liti continue, botte, denunce, riconciliazioni e remissioni di querela. Ma una decina di giorni fa, picchiata per l’ennesima volta, Bernadette Fella – 55 anni, due figli, maestra d’asilo – pareva avere trovato la forza di lasciare quell’uomo, allontanandolo dall’abitazione intestata a lei, che la terrorizzava. Tanto da confidare alle amiche: «Ho paura di morire».
Sono circa le 20. Armando Canò, cinquantenne senza impiego e figli, esce dall’appartamento al primo piano di un condominio alla periferia di Modena, scende, va a prendere le sue poche cose nel ripostiglio dello scantinato. Incrocia un’ultima volta l’ex compagna, che forse lo ha raggiunto per aiutarlo, impietosita. «Betta», così la chiamano tutti, è una donna dolce, minuta. In qualche modo segnata dalla vita. Un passato di sportiva – giocava a pallavolo – e un prolungato momento difficile, per cui aveva avuto bisogno di aiuto psicologico, dovuto alla fine della prima importante unione da cui aveva avuto i due figli di 26 e 30 anni. Poi l’incontro con il nuovo compagno. Relazione subito tormentata. Lui è violento, la picchia. Lei lo denuncia più volte. Ma poi ci ripensa, pressata dall’insistenza di lui. Le querele vengono così ritirate. Le botte – di cui Betta parla con i vicini che ogni tanto la vedono con quei lividi sul volto – continuano. Pochi giorni prima di ucciderla l’aveva centrata con un pugno in faccia.
Anche nello scantinato esplode un’altra discussione animata. Canò strattona la donna, le mette le mani addosso, le impedisce il respiro strangolandola. A questo punto bisogna far sparire il corpo.
Nella cantina dello stabile c’è un vecchio frigorifero in disuso. Un rottame che non contiene nulla e che non è nemmeno collegato all’impianto elettrico. Il cadavere della donna viene raggomitolato e nascosto lì dentro. All’uomo, in passato in cura presso un dipartimento di salute mentale, non resta che andarsene. Raggiunge un’amica a Castelfranco Emilia, il primo borgo accanto a Modena andando verso l’Appennino, e le chiede ospitalità per qualche giorno.
Il cadavere viene ritrovato lunedì sera dai vigili del fuoco e dalla polizia municipale. Chiamati dagli inquilini dello stabile in via Nazionale, una strada che porta fuori dalla città, verso Carpi e le campagne della Bassa. Preoccupava quell’odore pesantissimo proveniente dallo scantinato. Viene aperto il frigo, all’interno c’è quel corpo che s’affloscia sul pavimento.
L’indagine della Squadra mobile di Modena è veloce. I vicini riferiscono delle liti continue e di quella relazione burrascosa. Canò viene rintracciato a casa della conoscente, ignara di tutto. In tasca ha due chiavi: quella dell’appartamento di Betta e della cantina in cui l’ha nascosta priva di vita. In questura, verso le due della mattina, davanti al pm Katia Marino, confessa il delitto. «L’ho strangolata». Lo arrestano per omicidio e occultamento di cadavere.