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 2016  giugno 26 Domenica calendario

Che Wimbledon ci aspetta

Ivan Lendl, come al solito, non l’ha mandata a dire. «Io e Andy Murray possiamo rovinare il Grand Slam a Novak Djokovic». Lui, il Joker, il numero uno del mondo che ha vinto gli ultimi quattro Slam filati, i primi due dell’anno, e che vuole, fortissimamente vuole prendersi tutto quello che resta di questa stagione: Wimbledon, Us Open, Olimpiadi e Coppa Davis – e a quel punto non sapremmo che aggettivo mettere davanti alla parola Slam -, mica si è offeso. Anzi. L’ha presa come un segno di rispetto. «Lendl è uno dei colossi della storia del tennis, fra l’altro un grande rivale del mio coach Boris Becker: con McEnroe che adesso allena Milos Raonic forse a Wimbledon quest’anno avranno bisogno di allargare gli spogliatoi. So che si parla tanto di una finale fra me e Andy, ma è molto presto per dire come andrà. E poi bisogna portare rispetto agli altri giocatori in tabellone». A partire da un certo signor Federer, che a quasi 35 anni punta a vincere l’ottavo titolo nel suo ex giardino. Inizia Wimbledon, signori, qui non si scherza. La Gran Bretagna è terremotata dall’uscita dalla Ue e dal crollo della sterlina, l’indipendentista scozzese Murray spera di rientrare nella storia (del tennis) e questo è il luogo giusto per provarci.

Speranza britannica post Brexit
Sui sacri prati Murray ha vinto prima l’oro olimpico – nel 2012, contro Federer – poi i Championships, nel 2013 proprio in finale contro il suo grande amico/nemico serbo. Sa come si batte Djokovic in uno Slam, del resto ci era riuscito anche nel 2012 agli Us Open. Negli ultimi due-tre anni, fra operazione alla schiena, matrimonio e paternità, Andy aveva però smarrito la strada dell’eccellenza assoluta. Novak, nel frattempo, ha iniziato a divorarsi il tennis. 
Il 2016 per ora ci ha spiegato che comunque è fra loro due, nati a una settimana di distanza, cresciuti insieme sui campi da tennis, che si giocano le mani che contano. In Australia e a Madrid il piatto è andato a Djokovic, a Roma contro un Nole affaticato l’ha spuntata Murray; al Roland Garros il numero 1 ha rimesso le cose a posto battendo un finale un Murray un po’ fané. Sul tavolo verde di Church Road si ritrovano ai due capi del tabellone, favoritissimi dai bookmaker. Djokovic ha nella sua metà Raonic, Nishikori e Federer; a Murray è capitato Wawrinka; dovessero incontrarsi di nuovo in finale sarebbe una battaglia tecnica fra i due rovesci bimani e le due risposte migliori del pianeta. Fra due menti differentemente feroci. 
Becker, Lendl e McEnroe coach
«Non è solo una questione psicologica», precisa Andy. «Djokovic sta semplicemente giocando alla grande. Ma dai nostri ultimi match ho imparato molte cose, sento che gli sono vicino, e Lendl può aiutarmi molto». È stato sotto la guida dell’uomo di Ostrava che fra 2012 e 2013 Murray ha vissuto i momenti migliori della sua carriera, con Ivan il terribile a fianco si sente di nuovo da corsa. Anche contro un avversario apparentemente senza punti deboli come Nole che a Wimbledon ha vinto le ultime due edizioni e punta al quarto successo in totale. «Non potrei mai allenare Murray, siamo troppo simili», ha ammesso McEnroe. Lendl, con il suo carisma ferrigno e il suo humour glaciale, è l’unico capace di governare le derive mentali dello scozzese che, guarda caso, con Ivan reinstallato di fresco nel suo box ha appena rivinto per la quinta volta (record) al Queen’s. 
Poi ci sono gli altri. Dominic Thiem, Nick Kyrgios e Alexander Zverev sono gli outsider più credibili fra i giovani; con Nadal in infermeria e il resto della vecchia guardia in calando, Federer – che peraltro sul verde ha appena perso da Thiem a Stoccarda e da Zverev ad Halle – resta, mal di schiena permettendo, l’alternativa più fascinosa sul verde. 
Serena insegue ancora la Graf
L’unico a vincere uno Slam (anzi tre) dopo i 35 anni in epoca moderna è stato Ken Rosewall, ma erano comunque altri tempi, un altro tennis. «Io gioco perché mi diverto ancora tanto», ha precisato il Genio acciaccato, che proprio da Wimbledon 2012 è fermo a quota 17 Slam e che i 35 anni li compirà ad agosto durante le Olimpiadi di Rio. «Una finale o una vittoria Slam in più o in meno non mi cambia la vita». Gli cambierebbe però il morale, esattamente come alla sua coetanea Serena Williams, che dopo la grande delusione del Grande Slam sfumato nel 2015 per mano di Roberta Vinci non ha più gioito. A Wimbledon Serena proverà di nuovo a pareggiare i record di 22 Slam di Steffi Graf, che annusa giusto da un anno, domando la composita banda delle sue incostanti inseguitrici guidata da Garbine Muguruza. Il resto, come al solito, da domani sarà silenzio e fragole con la panna.