la Repubblica, 24 giugno 2016
Escher, la divisione regolare del piano e le suggestioni matematiche
Il maestro olandese aveva un rapporto molto stretto con numeri e geometria che ispirarono le sue composizioni
Molti avranno visto per la prima volta il nome dell’artista Maurits Cornelius Escher nel titolo del bestseller di Douglas Hofstadter Gödel, Escher, Bach (Adelphi, 1984), unito a quello di un logico e di un musicista, e si saranno domandati quale potesse essere la connessione tra discipline così distanti fra loro. Se l’erano domandato anche i matematici accorsi nel 1954 al Congresso Internazionale di Amsterdam, durante il quale furono esposte molte litografie a contenuto geometrico del grafico olandese, che catturarono immediatamente l’attenzione della comunità.
Se c’è infatti stato un artista che ha mostrato una sensibilità per le problematiche matematiche è stato proprio Escher, che agli inizi procedette solitario sul suo cammino, e dopo il 1954 poté beneficiare del contatto e delle suggestioni fornitegli dai matematici stessi. Da un lato Roger Penrose, autore a sua volta del bestseller interdisciplinare La mente nuova dell’imperatore (Rizzoli, 1992). E dall’altro lato Donald Coxeter, protagonista della biografia Il re dello spazio infinito (Rizzoli, 2006).
Prima del 1954 Escher si era interessato del problema della divisione regolare del piano, del quale disse: «Non so immaginare cosa la mia vita sarebbe stata senza di esso. Mi ci imbattei durante le mie peregrinazioni: vidi un alto muro, lo scalai con difficoltà e mi ritrovai in una giungla. Dopo essermi aperto la via con grande sforzo giunsi alla porta della matematica, da cui si dipartivano cammini in ogni direzione».
Uno di questi cammini era appunto il ricoprimento del piano mediante tasselli, come in un gigantesco puzzle. A percorrerlo erano già stati gli Arabi, producendo capolavori come le decorazioni astratte dell’Alhambra. Escher li studiò nel corso di due visite, nel 1922 e 1936, e aggiunse al modello una nuova dimensione figurativa che riempì i suoi disegni di figure animate, specialmente pesci e uccelli, che si incastravano fra loro nelle maniere più variopinte.
Dopo il 1954 Escher esplorò le geometrie non euclidee, dietro suggerimento di Coxeter. Ciò che lo attrasse a questo argomento fu il fatto che, mentre le tassellature del piano euclideo sono sempre incomplete, quelle del piano iperbolico possono essere complete perché ne esistono modelli finiti. Il risultato furono quattro famosi esempi, i Limiti del cerchio (1959), il terzo dei quali è un capolavoro le cui copie numerate sono battute nelle aste per cifre che arrivano al milione di dollari.
Ma furono soprattutto gli sviluppi seguiti al suo incontro con Penrose a fargli produrre le sue opere più conosciute, dopo che il matematico gli mostrò una serie di oggetti paradossali. Ad esempio, i cubi reversibili, già noti ai Romani e sfruttati poi in maniera sistematica da Victor Vasarely. Il triangolo impossibile con tre angoli retti, scoperto negli anni ’30 da Oscar Reutersvärd. La scala ambigua, che sembra di poter salire sia di sopra che di sotto. E la scala senza fine, che sembra di poter salire o scendere in cerchio all’infinito.
Elaborando questi paradossi visivi Escher costruì i mondi fantastici di Convesso e concavo (1955), Belvedere (1958), Salire e scendere (1960) e Cascata (1961), che sono poi stati riprodotti all’infinito in poster e magliette, tramutando il raffinato e misterioso Escher in un artista di culto e di consumo.