la Repubblica, 24 giugno 2016
Come ci curiamo male. Gli antibiotici sono i farmaci più frequentemente usati in modo sbagliato
In fondo all’armadietto delle medicine, alcune compresse di scorta ci sono in quasi tutte le case. E quando mal di gola e influenza sono arrivati da un paio di giorni, oppure raffreddore o cistite non passano proprio, in tanti decidono di prenderle. Magari prima vanno anche dal medico di famiglia, che le prescrive perché non capisce se si trova o no davanti a un problema di origine batterica, e preferisce non rischiare. Gli antibiotici sono i farmaci più frequentemente usati in modo sbagliato. Si chiama “inappropriatezza”, e ha a che fare con le terapie non adatte al tipo di patologia, ma anche con le cure seguite male da parte dei malati. L’effetto è un rischio per la salute del paziente, ma anche uno spreco per il sistema sanitario pubblico, che dal 2014 al 2015 ha visto la spesa farmaceutica salire dell’8,6% per arrivare a 28,9 miliardi di euro.In Italia, quasi un antibiotico su tre tra quelli assunti (cioè il 30%) dovrebbe restare nella scatola. A dirlo è l’ultimo rapporto OsMed sull’uso dei medicinali nel nostro Paese realizzato dall’Agenzia del farmaco (Aifa), che ricorda l’ormai ben noto allarme internazionale sulla resistenza di alcuni batteri. «L’impiego improprio – sottolinea l’Aifa – oltre ad esporre i soggetti a inutili rischi derivanti dagli effetti collaterali, pone grandi problematiche cliniche connesse al possibile sviluppo di resistenze». Anche se la situazione è migliorata negli ultimi anni e l’uso di antibiotici è in leggero calo (ma sempre superiore alla media europea), spesso, nelle infezioni delle vie respiratorie e di quelle urinarie non di origine batterica, medici e pazienti continuano ad usarli. Avviene specialmente al Sud e nelle Isole. Questa categoria di medicinali costa alle casse dello Stato quasi 900 milioni all’anno, una cifra in apparenza piccola che nasconde un consumo molto alto, perché in 9 casi su dieci queste molecole hanno il brevetto scaduto e quindi costano poco.L’inappropriatezza riguarda anche altri principi attivi. Ad esempio i cosiddetti antiacidi o gastroprotettori. In questo campo, «il sovra utilizzo è ormai conclamato». Ma si può considerare parte dello stesso problema anche il mancato rispetto delle indicazioni di uso, quando ad esempio i pazienti smettono di curarsi o sbagliano i dosaggi. Anche se può sembrare strano, accade soprattutto con i malati cronici. In Italia, solo il 14% di quanti soffrono di asma assume con regolarità le sue medicine. La percentuale è del 40% nel caso della depressione, una malattia diffusissima e invalidante, e sale al 58% per l’ipertensione, che invece è prevalentemente un fattore di rischio. I diabetici seguono le cure, per una patologia molto comune e importante, solo nel 63% dei casi. «Si conferma il trend di inappropriatezza per questo ultimo tipo di medicinali», sottolineano sempre dall’Agenzia.Ma l’uso scorretto dei farmaci può avere a che fare anche con l’età delle persone in cura. I dati sui bambini sono stati segnalati come sospetti alla presentazione del rapporto dell’Aifa. In particolare quelli che hanno da 0 a 4 anni, tra i quali la prevalenza dell’uso dei medicinali sorpassa il 50%, cioè è superiore a quella di chi ha tra i 5 e i 44 anni. Significa che oltre la metà dei bambini ha avuto almeno una prescrizione nel corso del 2015, e in certi casi sarebbe stata inutile. I prodotti più spesso prescritti dai pediatri sono quelli per i problemi all’apparato respiratorio e gli antimicrobici. Nemmeno i più piccoli sfuggono alla corsa verso il farmaco degli italiani, che l’anno scorso, in media, hanno assunto ciascuno 1,8 compresse al giorno.