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 2016  giugno 24 Venerdì calendario

I due scienziati bloccati tra i ghiacci dell’Antartide sono in salvo. Cronaca di una missione impossibile andata a buon fine

L’atto più eroico è stato oltrepassare il punto di non ritorno nella notte perpetua dell’inverno australe, con temperature che raggiungono settanta gradi sotto lo zero, sbatacchiati dai venti paurosi che spazzano i cieli di quelle estreme latitudini. Per questo, ossia per aver spinto i motori del Twin Otter verso i ghiacci dell’Antartide quando era troppo tardi per tornare indietro, il salvataggio di due uomini gravemente malati nella base americana Amundsen-Scott, a poche decine di metri dal Polo Sud geografico, passerà agli annali dell’aeronautica e delle imprese più pericolose. L’exploit è stato realizzato da un piccolo apparecchio a turboelica progettato dalla compagnia canadese Kenn Borek Air per volare a temperature estremamente basse, con a bordo un equipaggio composto da un pilota, un co-pilota, un meccanico e un medico.È stato un viaggio lungo quello del Twin Otter, decollato con un suo apparecchio gemello il 14 giugno da Calgary in Alberta, Canada, quasi al Polo opposto della sua meta finale. Dopo una mezza dozzina di tappe d’avvicinamento, martedì scorso uno degli aerei è finalmente atterrato alla base americana Amundsen-Scott dove ha recuperato i due uomini che necessitavano d’importanti cure mediche. Erano le 20.30 ora locale e il termometro segnava -60. Ieri, dopo altre 18 ore di volo nella notte antartica, l’equipaggio è arrivato a Punta Arenas, all’estremo sud del Cile, dove i due malati sono stati subito trasportati in ospedale. Il piccolo bimotore ha così realizzato quella che la stampa statunitense ha battezzato una mission impossible.Tanto impossibile che in passato era stata tentata solo due volte. E sempre da Sean Louttit, pilota della stessa compagnia aerea canadese, che dice: «Certo, devi fare i conti con il freddo e con le possibili bufere, ma la difficoltà maggiore consiste nel carico di carburante, perché per raggiungere quella base devi percorrere due tratti molto lunghi: dal Cile alla base antartica britannica di Rothera e da lì fino al Polo Sud. Decolli quindi con i serbatoi pieni di benzina fino all’orlo, ma a un certo punto devi decidere se proseguire o no, e calcolare con infinita precisione le possibilità di arrivare fino in fondo perché se sei costretto ad atterrare sei morto». Nel gennaio 2013, un apparecchio della Kenn Borek Air che stava rifornendo di carburante un’équipe di scienziati italiani in Antartide si schiantò sul Monte Elizabeth. I corpi dei tre membri dell’equipaggio non sono mai stati recuperati.Da ieri, intanto, continuano a giungere messaggi di ringraziamento e di plauso per l’epico salvataggio, soprattutto da parte del personale delle basi in Antartide. «Il coraggio dei piloti nell’effettuare il volo in condizioni estremamente dure è stato incredibile e entusiasmante», ha scritto in una mail, Steve Barnet, che lavora nella stazione polare con un gruppo di astronomi dell’Università del Wisconsin. «Siete stati molto bravi perché l’Antartide punisce qualsiasi negligenza molto duramente», gli ha fatto eco Tim Stockings, direttore delle operazioni della base antartica britannica.Sono ancora ignote le cause della richiesta di evacuazione dei due uomini nel periodo più difficile e a rischio dell’anno. Un incidente resta l’ipotesi più probabile, ma non si può escludere un problema di tipo psicologico. Anni fa, proprio alla base americana Amundsen-Scott, un medico si auto-diagnosticò un tumore che non s’era manifestato prima del suo arrivo al Polo Sud. Anche quella volta fu molto difficile raggiungere la base, perciò gli furono paracadutati i farmaci per la chemioterapia che si somministrò da solo. In un’altra occasione, al Polo Nord stavolta, un ricercatore si tranciò una gamba con una motosega. Il medico della stazione polare riuscì a stabilizzare la ferita, ma anche lì fu necessario evacuarlo. È norma corrente che prima di partecipare a una missione in Antartide, tutto il personale di ogni base scientifica sia sottoposto a esami medici molto rigorosi. Quindi, per richiedere una missione di soccorso in pieno inverno, deve essere accaduto un problema di gravità estrema: scartata l’ipotesi di un’infezione e quella di una grave intossicazione, che si possono trattare alla base, l’unico motivo che possa aver coinvolto almeno due persone è un incidente, magari un trauma che ha provocato una brutta frattura o forse un’ustione grave. Ma i due ora sono in salvo.