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 2016  giugno 24 Venerdì calendario

Ancora sul giallo di Caivano: forse il piccolo Antonio non è caduto dalla finestra per guardare un elicottero, forse è stata la mamma ha buttarlo giù

«Antonio non l’ho lanciato io nel vuoto. Vi ripeto che è stato un incidente, anche se dopo tanti anni ancora non riesco a spiegarmi come sia successo».
Smentisce decisamente le accuse dell’ex compagno e della sorella di lui Marianna Fabozzi, la donna sospettata di avere ucciso, nell’aprile del 2013, il proprio bambino di tre anni, Antonio Giglio. Marianna è l’ex di Raimondo Caputo, l’uomo ritenuto responsabile dell’omicidio della piccola Fortuna Loffredo. È iscritta nel registro degli indagati della Procura di Napoli per l’omicidio volontario del bambino, precipitato dallo stesso palazzo di Fortuna, nel Parco Verde di Caivano, un anno prima.
Le due storie, così simili, si intrecciano spesso: a casa di Marianna andava quasi ogni giorno la bambina uccisa, che era amica delle sue tre figlie. Tutte e quattro le piccine hanno subito abusi sessuali.
Nel corso dell’interrogatorio di ieri, Marianna Fabozzi ha ribadito la sua versione dei fatti al procuratore aggiunto Luigi Frunzio e ai sostituti Francesca Falconi e Urbano Mozzillo: Antonio cadde dalla finestra mentre si sporgeva per guardare un elicottero. Un racconto opposto rispetto a quello fatto in passato a pm e giornalisti da Antonella Caputo, sorella di Raimondo, rilanciato nelle scorse ore da un file audio trasmesso da Radio Rai e da un filmato.
Dice la Caputo, che quel giorno era nell’appartamento assieme al bambino, a Marianna Fabozzi e alla madre di lei, Angela Angelino: «La tapparella era rotta, alzata a metà; lei l’ha sollevata ancora e ha buttato giù il figlio». La donna ritiene di sapere anche il motivo del gesto: «L’ex marito la ricattava. Non voleva farle vedere la creatura e allora lei ha detto o con me o con nessuno». Nelle scorse settimane Raimondo Caputo aveva confermato che subito dopo la morte di Antonio la sorella gli descrisse la stessa scena.
I magistrati proveranno a dipanare la matassa, ma non sarà facile: c’è la parola di Antonella Caputo contro quella di Marianna Fabozzi ed è difficile, ormai, trovare riscontro all’una o all’altra tesi. È possibile che sulla morte del bambino, anche a causa dell’omertà, resti il mistero. Non si saprà mai, probabilmente, neppure se Antonio era stato violentato come le tre sorelline: all’epoca della sua morte non c’era ragione di disporre l’autopsia, perché nulla lasciava ritenere che si fosse trattato di un omicidio e che il piccolo vivesse in un contesto familiare preoccupante. Oggi, purtroppo, non è più possibile compiere accertamenti utili.
Ieri, intanto, a Raimondo Caputo e Marianna Fabozzi un’altra Procura, quella di Napoli Nord, ha notificato un avviso di conclusioni delle indagini preliminari. All’uomo vengono contestati l’omicidio di Fortuna e gli abusi sessuali su di lei e sulle tre figlie di Marianna. Lei è accusata di concorso negli abusi sulla figlia più piccola. Il pm Claudia Maone, che indaga con il coordinamento del procuratore Francesco Greco, si avvia dunque a chiedere il rinvio a giudizio dei due.
Pur essendo avvenuti nello stesso luogo, il Parco Verde di Caivano, i casi di Antonio e Fortuna vengono trattati da due diverse Procure: ciò è dovuto al fatto che, nel 2013, quella di Napoli Nord, nel cui territorio di competenza rientra oggi Caivano, non era ancora stata istituita.