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 2016  giugno 24 Venerdì calendario

Ultime sulla morte della piccola Maria. Mentre si attenua la posizione di Cioran, spuntano altri due sospettati, sempre romeni

Non era tanto per dire, quando gli inquirenti che indagano sulla morte di Maria Ungureanu ripetevano: «Seguiamo tutte le piste». Non si sono innamorati di una sola teoria e hanno continuato a cercare anche altrove, non soltanto nella direzione di Daniel Ciocan, il ventunenne indagato per l’omicidio e la violenza sessuale della bambina di dieci anni ritrovata annegata domenica nella piscina di un agriturismo a San Salvatore Telesino, in provincia di Benevento.
E ora che la posizione di Daniel sembra cominciare ad attenuarsi, di fronte ai riscontri al suo alibi trovati dai carabinieri del comandante provinciale Pasquale Vasaturo, ecco che prende corpo un’altra ipotesi. O meglio, che ci si concentra su altri sospettati. Uno in particolare, forse due. Che apparterrebbero sempre alla folta comunità romena di San Salvatore, di cui fanno parte anche gli Ungureanu e Ciocan.
Una svolta investigativa che subisce una accelerazione mercoledì sera, quando Daniel, intorno alle 21, viene convocato nella caserma di Cerreto Sannita, quartier generale delle indagini. In quel momento nella stessa caserma ci sono, e già da dieci o dodici ore, i genitori di Maria, il papà Mario e la mamma Andrea. I carabinieri hanno bisogno della loro collaborazione per riscontrare elementi raccolti durante i primi due giorni di indagini, soprattutto relativamente a frequentazioni e spostamenti della bambina.
In caserma ci sono anche i magistrati che coordinano le indagini: il procuratore capo di Benevento Giovanni Conzo e la sostituta Maria Scamarcio, e sono loro a decidere di convocare a Cerreto anche Daniel. Che arriva accompagnato dal suo difensore, l’avvocato Giuseppe Maturo, ma anche dalla madre, dalla sorella e da un fratello. I parenti sono chiaramente tesi, probabilmente temono che il ragazzo possa essere arrestato, anche se l’avvocato li tranquillizza. E ha ragione lui. Alle due di notte l’interrogatorio finisce e Daniel se ne può tornare tranquillamente a casa. Continua a essere indagato (tecnicamente, in ogni caso, non potrà che essere così fino al pronunciamento del giudice delle indagini preliminari) ma intanto i carabinieri hanno cominciato a verificare il suo alibi e avrebbero riscontrato che gli spostamenti di cui lui parla (sostiene di essere stato a Telese e a Castelvenere, due paesi vicini a San Salvatore) risulterebbero confermati dalle verifiche tecniche sul Gps della sua auto e dalle celle telefoniche agganciate dal cellulare. In più ci sono le testimonianze degli amici che confermano di aver passato la serata con lui.
E però Daniel resta comunque centrale nelle indagini. Anche se dicesse la verità. Perché racconta che domenica pomeriggio Maria andò in auto con lui a Telese (senza riuscire ad arrivarci a causa della strada interrotta) perché gli chiese compagnia dicendogli che c’era un’amichetta che la infastidiva. Aggiunge di non sapere a chi si riferisse, di non averglielo chiesto, ma carabinieri e magistrati non gli credono fino in fondo. Il sospetto è che non di una amichetta gli avesse parlato Maria, ma di un adulto. Sul quale magari la bambina gli avrebbe dato anche indicazioni utili a identificarlo – se non fatto addirittura il nome – ma che oggi lui non riferisce per paura o perché teme di inguaiare un connazionale, qualcuno che conosce personalmente.
Però a qualche nome i carabinieri ci sono comunque arrivati, e ora stanno incrociando gli elementi raccolti. Sempre in attesa (e passeranno ancora giorni) di avere il Dna di chi domenica ha violentato e ucciso Maria Ungureanu.