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 2016  maggio 31 Martedì calendario

La comunità africana di Torino, isolata, ignorante e legata a tradizioni tribali

Henry aveva un mese di vita e abitava nella città degli invisibili. La madre aveva fatto richiesta di asilo politico nel 2014, il padre era arrivato dalla Libia un anno fa, sbarcando in Sicilia e continuando il viaggio da «irregolare». Torino, nel passaparola dei migranti, è una meta italiana molto ambita. Perché se non trovi una residenza ufficiale, almeno ci sono le case occupate. Domenica sera Henry, nell’ultima sera della sua vita, dormiva in una vecchia aula dell’istituto tecnico industriale «Casale», chiuso da anni e riconvertito in dormitorio per sfrattati, profughi e famiglie in difficoltà. Una scuola occupata da duecento persone nel quartiere Aurora, fra vecchie case di ringhiera, fabbriche dismesse e il nuovo Passante Ferroviario che sta per essere inaugurato.
«I genitori sono venuti a chiederci aiuto. Ho guardato il bambino, era proprio bello e stava bene. Si sono sistemati in una camera, su al primo piano. Abitavano qui da pochi giorni». Anche Maria abita nella città degli invisibili. Fa la badante di notte in ospedale per una signora anziana, pagata in nero troppo poco per affittare un appartamento. C’era anche lei, domenica mattina, quando la madre di Henry è uscita dalla stanza gridando e chiedendo aiuto. «Il bambino era pallido, stava male, sembrava privo di sensi. Abbiamo chiamato subito l’autoambulanza». Allora si è capito quello che era successo.
La madre e il padre di Henry, entrambi di origine ghanese, avevano chiamato un loro connazionale per far circoncidere il bambino. Convocato lì, come una strana specie di medico, all’insaputa di tutti. Proprio domenica mattina. «Aveva detto di essere capace a fare quell’operazione. Mi aveva lasciato delle supposte in caso di febbre», ha spiegato la madre agli agenti della squadra mobile. Forse è stata proprio una reazione allergica a quel farmaco antipiretico, usato con un dosaggio eccessivo, a togliere la vita ad Henry. Lo stabilirà l’autopsia. Quello che è certo è che i suoi genitori non si sono fidati di nessuno.
«È una storia tristissima che mette in evidenza la solitudine e l’ignoranza di molti miei connazionali. Non conoscono la lingua, non hanno informazioni. Commettono questi errori antichi in un mondo moderno». Così la pensa Kofi Azalatej, operaio, da 28 anni in Italia e presidente dell’associazione Giato (Ghanian immigration association in Torino). Perché la circoncisione? «È una tradizione tribale. In Ghana la seguono tanto i musulmani quanto i cristiani, che sono il 70 per cento della popolazione. In molte tribù, senza circoncisione una donna non accetterebbe mai di sposarti. Per noi è una pratica ordinaria. Negli ospedali viene eseguita direttamente dagli infermieri. Purtroppo quello che è successo a Torino è il frutto della chiusura mentale di alcuni miei connazionali».
A Torino abitano 700 ghanesi, altri 500 sono richiedenti asilo in attesa di risposta. La famiglia di Henry è passata direttamente dagli alloggi gestiti da una cooperativa in via l’Aquila, alla strada. Lui è irregolare, ma lei ha un permesso di soggiorno temporaneo. Non aveva ragione di nascondersi. Avrebbe potuto rivolgersi all’ospedale infantile Regina Margherita senza timore. «È un problema di tradizioni e di arretratezza culturale», dice il console onorario del Ghana Salvatore De Fazio. «Purtroppo sono venuto a conoscenza di alcuni casi di circoncisione domestica, per così dire, in diverse zone di Italia. È successo a Milano e Brescia, oltreché a Torino. Sono famiglie ghanesi che ricorrono a persone non autorizzate, falsi medici, che operano in condizioni di pericolosità e scarsa igiene».
Sono le cinque di pomeriggio. In questura i genitori di Henry raccontano la loro tragedia. La madre viene interrogata a lungo. Piange, grida e si dispera. Davanti alla vecchia scuola riconvertita in dormitorio, la polizia scientifica sta portando via un sacco nero dell’immondizia. Dentro c’è tutta la vita dei genitori di Henry. Anche quella scatola di antipiretici che doveva essere la loro salvezza in caso di guai. Ed è ritenuta, invece, la probabile causa di morte di loro figlio.