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 2016  maggio 30 Lunedì calendario

Tutti pazzi per Nibali

Tutti pazzi per lo Squalo. Torino abbraccia un commosso Vincenzo Nibali, capace di ribaltare il Giro quasi al fotofinish, all’ultimo assalto possibile, con il coraggio, la rabbia, la fantasia, la forza di chi non ha nulla da perdere e getta nell’arena il cuore. E nemmeno la pioggia ferma l’invasione di popolo in riva al Po per tributare al siciliano il meritato omaggio di applausi, di affetto, di calore. Un abbraccio che non è solo della città sabauda, non è solo della gente di Cuneo che lo ha accolto come un eroe alla partenza della passerella prima dell’apoteosi. Perché quel ribaltone sul filo dei secondi che poche ore prima ha consegnato all’uomo di Sicilia la doppietta rosa per molti ritenuta impossibile, a tre anni dal trionfo numero uno, ha contagiato l’Italia. Dal premier Renzi al presidente del Coni Malagò, da Jovanotti a Fiorello – e poi sui social, sulle strade, nei bar, in tv (la tappa di sabato ha segnato un picco di 36% di share!) – l’impresa di Vincenzo ha avuto un meraviglioso effetto domino.
PRESSIONI Nibali è la faccia del ciclismo che piace, a prescindere dalla sua indiscussa cifra di fuoriclasse: con il suo carico di semplicità e di umanità, con la sua vicinanza alla gente che lo acclama, che a volte lo asfissia un po’ troppo con la valanga di affetto ma lui non fa la primadonna e cerca di restare il più possibile il campione della porta accanto. E quando non ci riesce, è perché è pur sempre un atleta di altissimo livello, che spesso deve gestire grandi pressioni. Quelle pressioni che in questo Giro stavano anche rischiando di schiacciarlo, ma delle quali s’è liberato giusto in tempo per regalarci una grande vittoria di tappa, l’incredibile rimonta nelle ultime due giornate in montagna e l’agognato trionfo finale.
DECLASSATO La volata di Torino – contornata da un po’ di cadute e vinta dal tedesco Nikias Arndt dopo il declassamento di Giacomo Nizzolo, reo di aver chiuso verso le transenne Sacha Modolo – ha calato il sipario su un Giro difficile, bellissimo, equilibrato, velocissimo (per la seconda volta si è sfondato il muro dei 40 orari), aperto dall’inizio alla fine, con gli immancabili colpi di scena. Un Giro onorato non solo dal nostro campione più acclamato e atteso, ma anche da tanti altri attori. Un Giro che ha avuto una regia perfetta. La partenza regale dall’Olanda, con sua maestà Guglielmo Alessandro tifoso d’eccezione tra un muro di sudditi a bordo strada, ha mandato subito in rosa il beniamino di casa Tom Dumoulin, per un centesimo di secondo. Poi è entrato in scena il velocista principe Marcel Kittel. E l’arrivo in Italia, accolto col calore e l’entusiasmo tipici del Sud, non poteva essere più esaltante, grazie all’assolo di uno dei nostri più cristallini talenti, Diego Ulissi, che ha messo il Giro sulla rampa di lancio.
SPETTACOLO I ritiri eccellenti per motivi diversi – dagli stessi Kittel e Dumoulin all’altro sprinter Greipel e all’uomo da classifica Landa – non hanno tolto nulla allo spettacolo e al sale delle sfide, accesissime, che hanno animato tutte le giornate. Prova ne è che la maglia rosa ha avuto otto padroni diversi, tra cui il vicentino Gianluca Brambilla, una delle sorprese più belle. Prova ne è che c’è stata bagarre sin dal via di ogni tappa. A nobilitare la 99a edizione ci sono stati gli acuti di un campione eclettico e indomito come Valverde o di una luminosa speranza come Chaves, di un giovanissimo talento come Ciccone o di un gregario di lusso come Trentin. C’è stata la scoperta di giovani per il futuro come il lussemburghese Jungels e lo sloveno Roglic, che 5 anni fa si lanciava con gli sci dal trampolino.
ARABA FENICE E poi c’è stato soprattutto il thrilling finale. Alzi la mano chi si aspettava che l’olandese Kruijswijk – ma non è un carneade, sia chiaro – potesse andare addirittura in rosa e presentarsi a tre tappe dalla fine con tre minuti di vantaggio, prima di vedere infranto per terra il suo grande sogno. E chi avrebbe scommesso un euro sull’emozionante rimonta di Vincenzo Nibali, dato per finito – per qualcuno pronto addirittura a lasciare anzitempo il Giro – ma capace di risorgere negli ultimi giorni come l’araba fenice, grazie alla sua esperienza nel gestire corse di tre settimane, alla sua capacità di reagire alle avversità e di non farsi prendere dal panico, alla bravura dei compagni – non ce ne vogliano gli altri, ma Scarponi merita un monumento – e alla perfetta tattica dell’Astana. Questo, e tanto altro ancora, è stato il 99° Giro d’Italia. Che è appena andato agli archivi. Ma già ci manca.