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 2016  maggio 30 Lunedì calendario

Un pomeriggio scoraggiante al Roland Garros

Consapevole della mia modestia nei confronti di Alessandro Manzoni che, se ricordo, si rivolgeva a 25 lettori, mi trovo oggi soverchiato dalla quantità e dalla supposta qualità di molti avvenimenti sportivi, che vedo illuminarsi sugli schermi dei miei vicini di banco. Vedo frammenti del match di San Siro tra Atletico e Real, automobili in panne sul famigliare lungomare di Montecarlo, il prode Nibali in trionfo. Cosa potrei dire del tennis d’oggi, mentre sto assistendo al previsto successo di un Wawrinka su Troicki che, forse a causa del passaporto serbo, non ha potuto fruire dell’intervento della Madonna di Medjugorje, bosniaca.
Quel che più mi ha sorpreso, in simile pomeriggio di semipioggia, è stata la presenza, nel palchetto di Raonic, di John McEnroe, la cui partecipazione ritenevo ormai legata a gruppi di fanatici chiamati “We are tennis”, tentativo di trasformare l’amore per un gioco nel fanatismo nei riguardi di uno sport. Il mio concittadino Riccardo Piatti, coach di Raonic, mi diceva l’altro giorno che con l’americano era stato concordato qualcosa che non oserei chiamare contratto, ma piuttosto un patto secondo il quale il guadagno per la collaborazione di John sarebbe stato devoluto alla Croce Rossa. Senza volerlo quella buona intenzione ha forse congiurato con la sconfitta di Raonic, propiziata anche dal campo lentissimo, dalle palle Inzuppate e dall’iberico Ramos Vinolas abilissimo, come tutti i pelotari, nella specialità di rinviare la palla oltre la rete. Tanto è bastato, anche se mi sono chiesto se l’attuale moda di ammettere alla propria nota spese un ex campione sia di qualche utilità.
Ne parlavo con un mio amico ed ex vincitore di Wimbledon ’72, Frew McMillan, che si limita alla umile attività di telecronista, e mi sentivo dire che, forse, gli attuali ex campioni eletti a consulenti andrebbero chiamati “Story teller”, e cioè una sorta di dada capace di raccontare le fiabe. Un altro degli ottavi di finale, e cioè dei match di quarto turno per essere ammessi ai “primi otto”, capace di sollevare addirittura qualche “ola”, si è svolto tra quell’attore drammatico mancato di Murray, e il giocatore di basket americano fallito, Isner. Isner era giunto sin qui facendo meglio del battitore infuocato Karlovic, e cioè 95 aces in 12 set. Oggi i suoi modesti 7 assi non mi erano parsi utili con un Murray ancora lontano dai brillii che gli avevano permesso di dominare Roma, e tuttavia migliorato dalle due penosissime partite in cinque set dei due primi turni contro il seduttore boemo Stepanek e il baby francese Bourgue.
In simile pomeriggio scoraggiante ci è venuto alla fine in aiuto un “enfant du pays”, Gasquet che si riteneva, se non proprio perduto, semifallito, dopo le grandi vittorie infantili (Petit As) e le successive promesse. Il giapponese Nishikori, e il suo coach Chang non sembravano informati del dettaglio che il francese fosse in possesso di un rovescio ben più pericoloso del diritto, e Nishikori si è intestardito ad accanirsi sull’avverso angolo sinistro, ricevendo così gravi danni per due set. Venti minuti negativi di Gasquet non erano sufficenti a illuminare il piccolo giapponese, che riprendeva la sua involontaria collaborazione e consentito così un inatteso accesso ai quarti di finale a chi ci si era invano provato ben tredici volte. Mi pare ragionevole concludere questo tentativo di articolo con la notizia del thermos. Portando con me un thermos vuoto sono stato respinto dai poliziotti sino all’inizio dei viali paralleli al Tennis, in cui sono posteggiati i depositi bagagli, nei quali ho posteggiato l’arma. Ho così contribuito a sventare un possibile attentato, e ne sono fiero.