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 2016  maggio 28 Sabato calendario

L’impresa di Nibali che riapre il Giro

Oltre la cima del colle più alto del Giro, c’è una lunga discesa, cattiva. Nibali, Chaves e Kruijswijk la iniziano insieme, tra muri di neve sui quali manca solo la scritta W Coppi. Il resto è intatto ed eterno, il resto c’è e succede. L’olandese sbaglia una curva e finisce contro la muraglia bianca, fa un capitombolo e rimbalza sulla strada. Ha il braccio abraso, dolore in ogni angolo del suo scheletro, la bici in disordine, il morale evaporato. Scende per forza d’inerzia, per sopravvivenza, perché è di gomma, perché sono sempre stati di gomma i corridori, da Petit Breton all’ultimo di questo Giro. Non è più lui, il dolore lo divora, e Nibali mena la danza. Dietro cade anche Zakarin, il quinto della generale, finisce in un baratro, quando lo inquadrano è su un fianco, sembra Rivière sull’erba del Perjuret, sembra Ocaña, centrato da Zoetemelk giù dal Menté, ha la clavicola rotta e la vita salva. Non si gioca “a ciclismo”.
Dopo c’è una valle, quella del Guil, chilometri lunghi nell’afa, dentro una discesa spalancata lungo le Gorges, un serpente d’acqua cento metri sotto e molte gallerie scavate a forza di martello quando la strada era solo dei pastori che scendevano dagli alpeggi a settembre e lì risalivano a giugno. Il Giro fa la strada d’autunno, precipita a Guillestre.
L’Astana ferma Scarponi in fuga, su di lui rientrano Nibali e Chaves, e Valverde è scoppiato, e Kruijswijk è solo. In quegli istanti di nudità, l’olandese ripensa a quella curva, al Giro che se ne va, era in rosa e mai l’avrebbe perso. In quegli istanti infuocati Nibali pensa alla tappa, Chaves ad allontanare gli altri, Nibali poi pensa a Rosario Costa e Chaves ai metri che si aprono sull’ultima salita, quella verso Risoul, da dove si vedono gli Écrins. Nibali attacca, guadagna, se ne va, sempre seduto, costante. Chaves, il colombiano che ride, un incidente grave che quasi gli troncava la vita, a Laigueglia, pensa allora alla “camiseta rosa”. Kruijswijk rema in mezzo a Clarke e Pirazzi, gli ultimi 10 km li fa abbandonato anche da Jungels, anche da Preidler. Minuti come un’emorragia inarrestabile, col braccio che fa spavento, come bruciato dall’impatto con il ghiaccio. Nibali intanto fa l’impresa del Giro, stacca Chaves di 53”, Valverde di 2’14”, Kruijswijk arriva a 4’54”, «ho perso il Giro» dirà, ha perso tutto per una curva ma non può lamentarsi, lo sa che non si gioca “a ciclismo”.
Adesso la classifica racconta tutta un’altra storia, Chaves in rosa – con 44” su Nibali, 1’05” sull’olandese, 1’48” su Valverde – non può essere sicuro di niente, tranne che di una cosa: «Lasceremo la pelle sulla strada, fino a Sant’Anna, anzi, fino a Torino». Non c’era ancora quando Nibali tagliava il traguardo indicando il cielo, Rosario, il ragazzo del suo team morto a Messina mentre si allenava in bici, e poi iniziava un lungo pianto, e con gli occhi rossi annunciava che «sarà una tappa dura, una tappa durissima». Era stato vicino a ritirarsi, ma non aveva ancora avuto montagne, montagne vere, quelle oltre i 2.500 metri, dove i watt contano meno, e contano di più altre cose, non misurabili, non preventivabili: «Lassù mi sono sempre sentito a mio agio, e come abbiamo iniziato a varcare quella quota ho avuto buone sensazioni, mi ero leggermente staccato e poi sono rientrato. Ho visto Kruijswijk un po’ affaticato in cima, per questo ho provato a forzare in discesa, ma non l’ho visto cadere, l’ho saputo dalla radio. Poi ho avuto Scarponi ai piedi della discesa che ha fatto un lavoro straordinario e ora tutto può succedere». Poi fa un sospiro e dice: «Non ci credevo ma ci speravo». Giro riaperto, ma ce n’è ancora uno davanti e una tappa sola. Ma è quella giusta per qualunque cosa, per saltare, per vincere, per finire nella pietraia o entrare nella storia. Si parte da Guillestre, si scala il Vars, si scende e si sale ai 2715 – l’altitudine ancora, attesa, sperata, amata, voluta – della Bonette, dove domenica è prevista una tempesta di neve e vento e oggi, per fortuna, una giornata buona. Lunga discesa, di quelle alla Nibali, lunghissima, bestiale salita oltre Isola, verso il colle della Lombarda, altra discesa alla Nibali e il santuario di Sant’Anna, sopra Vinadio, dove mai arrivò la tappa del 2001, quella cancellata dopo il blitz di Sanremo, e dove invece, oggi, qualcosa di grande accadrà.