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 2016  maggio 28 Sabato calendario

Petrolio, il prezzo è giusto

Il rally più consistente del petrolio degli ultimi 7 anni ha spinto i prezzi a 50 dollari al barile, livello che allenta la pressione sui produttori pur rimanendo abbastanza contenuto per la gioia dei consumatori alla pompa di benzina. Da una parte tale soglia non è sufficiente per indurre il settore energetico a investire nuovamente in grandi progetti ma offre un qualche sollievo dopo quasi due anni di prezzi da sincope, dall’altra è un prezzo abbastanza basso da stimolare la crescita economica in molti Paesi, Stati Uniti inclusi. Se l’oro nero si stabilizzerà sopra i 50 dollari, contribuirà a contrastare gli effetti provocati sull’economia americana dai licenziamenti e dai default nel settore energetico, pur non paralizzando i comparti maggiormente dipendenti dal carburante. Una ripresa di questa natura potrebbe inoltre agevolare i bilanci familiari negli Usa.
Nella giornata di giovedì 26 il Wti ha chiuso a 49,48 dollari al barile. Dal minimo di 13 anni toccato a febbraio il greggio Usa ha registrato una crescita dell’89% in 73 giorni di negoziazione, il maggior incremento dal progresso del 92% messo a segno tra febbraio e maggio del 2009. Per i Paesi focalizzati sulla produzione di petrolio e altre materie prime l’ultimo rimbalzo è troppo ridotto per imprimere una spinta ma potrebbe smorzare ulteriori turbolenze. Sarà motivo di sollievo per economie in difficoltà come Angola, Nigeria e Venezuela, oltre che per i grandi produttori del Medio Oriente, come l’Arabia Saudita. Anche altre economie dei mercati emergenti fortemente colpite dai deflussi di capitale a causa dei prezzi depressi delle commodity potrebbero trovare un equilibrio.
Stando a una nota di Julian Jessop, capo-economista di Capital Economics, «il petrolio nel range di prezzo tra 50 a 60 dollari sarebbe abbastanza elevato da allentare la pressione sui produttori, ma comunque adeguatamente basso da promuovere la spesa per altri beni e servizi». Una simile ripresa potrebbe anche essere sufficiente per alleviare la pressione sui banchieri centrali in tutto il mondo, che da anni combattono con un’inflazione sotto i loro target. Quindi la Federal Reserve potrebbe procedere lentamente con la normalizzazione dei tassi di interesse, pur tenendoli abbastanza bassi da sostenere la crescita. «Se petrolio e dollaro resteranno sostanzialmente stabili, l’inflazione dovrebbe salire nel tempo fino al nostro obiettivo del 2%», ha detto Jerome Powell (Fed).
La benzina negli Stati Uniti attualmente è un terzo più costosa che in febbraio (quando i future erano crollati), tuttavia è più conveniente dell’ultima volta in cui il petrolio ha sfiorato i 50 dollari. E, secondo la Us Energy Information Administration e l’Oil Price Information Service, un sostenuto aumento oltre i 50 dollari dovrebbe comunque lasciare i prezzi della benzina ben al di sotto dei livelli del 2014, quando un gallone di senza piombo costava in media 3,36 dollari. Stando all’American Automobile Association, i 34 milioni di automobilisti americani che hanno in programma un viaggio per questo settimana in occasione del Memorial Day pagheranno di meno la benzina rispetto agli ultimi 11 anni. Per quanto in misura relativamente modesta rispetto ai precedenti crack petroliferi, la benzina più economica ha contribuito a sostenere la spesa dei consumatori. L’abbassamento dei costi del carburante è controbilanciato da una deludente crescita dei salari americani, da maggiori oneri di assistenza sanitaria e da un rapido incremento degli affitti.
Le ultime ricerche dimostrano che il lieve guadagno inaspettato di questi ultimi anni è stato speso dai consumatori in ristoranti, prodotti alimentari e forme di intrattenimento. Le miglia percorse e le immatricolazioni hanno raggiunto livelli record, soprattutto per quanto riguarda i suv e altri grossi veicoli. Inoltre l’aumento dei prezzi in un range tra 50 e 60 dollari sarebbe sufficientemente moderato e quindi gestibile dai comparti che dipendono maggiormente dal petrolio. Le compagnie aeree, sebbene non abbiano contenuto il consumo di carburante e debbano sostenere maggiori spese se i prezzi resteranno elevati, hanno sottolineato di essere in grado di tollerare i prezzi più elevati grazie alla ristrutturazione e al consolidamento del business.
Per le imprese del settore energetico, che sono state messe a dura prova dal crollo delle quotazioni, un recupero a questo livello probabilmente non sarà sufficiente a sbloccare nuovi investimenti; anzi, a quanto pare, nel 2017 molti grandi player proseguiranno con i tagli. Stando a quanto dichiarato da Bristow Group, la più grande società di servizi di trasporto in elicottero del mondo, l’attività calerà ulteriormente, tanto che per la prima volta potrebbe annullare alcuni ordini di nuovi velivoli. L’amministratore delegato Jonathan Baliff ha spiegato che la persistente incertezza ha portato l’azienda ad accantonare i suoi piani di sviluppo poiché le compagnie petrolifere e del gas hanno ridotto l’attività di esplorazione e produzione e quindi la domanda di voli.
I colossi del petrolio non hanno alcuna fretta di riprendere i costosi progetti a lungo termine, che richiedono un sensibile aumento delle quotazioni per essere redditizi. «Dobbiamo stare attenti che il petrolio a 50 dollari non sia una falsa pista», avverte Nicholas Green di Bernstein. «Le maggiori compagnie petrolifere saranno estremamente prudenti. Non riusciranno a identificare molti progetti economicamente sostenibili a 50 dollari al barile e forse si potrebbe dire lo stesso a 60 dollari». In base all’analisi di Macquarie, nel 2015 sono stati autorizzati appena due nuovi importanti programmi a fronte della media di circa 15 all’anno. E Macquarie prevede un numero altrettanto basso per il 2016. In un’intervista Hans Jakob Hegge, cfo di Statoil, ha affermato che il 2017 potrebbe essere il terzo anno consecutivo di tagli per tutto il settore. Secondo Hegge, le aziende stanno prestando più attenzione alla stabilità degli utili che all’incremento della produzione a qualsiasi costo. D’altra parte, il petrolio a 50 dollari al barile potrebbe incoraggiare alcuni produttori più piccoli dei bacini di scisto degli Stati Uniti, anche se molti hanno anticipato che non si precipiteranno a scavare nuovi pozzi.
Nelle ultime conference call con gli investitori per discutere i risultati finanziari, due big dello scisto statunitensi hanno espresso punti di vista differenti. Pioneer Natural Resources, attiva nel Texas occidentale, ha dichiarato che i 50 dollari la incoraggeranno a rimettere in funzione gli impianti di perforazione, sia pure su piccola scala. Invece il numero uno di Eog Resources ha puntualizzato che, sebbene gli effetti della crisi stiano iniziando a scemare, ci vorrà almeno un altro anno e prezzi significativamente più elevati di greggio per una ripresa dell’industria petrolifera e del gas degli Stati Uniti. Secondo Bill Thomas, amministratore delegato di Eog, «perché l’industria registri una modesta crescita agli Stati Uniti serviranno un petrolio stabilmente compreso tra 60 e 65 dollari e 12 mesi di assestamento».
(The Wall Street Journal
traduzione di Giorgia Crespi
)