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 2016  maggio 27 Venerdì calendario

A Parigi il pranzo te lo portano in bici

Il modello è lì, a Mumbai, la città più moderna e più caotica dell’India, ed esiste da più di un secolo. Da quando gli inglesi, anche loro stupiti dall’efficienza del servizio, crearono nel 1885 la Mumbai box supplier association, il primo tentativo di razionalizzare il lavoro dei cinquemila dabbawalla, i fattorini in bicicletta che ogni giorno, in una megalopoli di 12 milioni di abitanti, consegnano più di 200 mila pasti e non sbagliano mai destinatario (tranne una volta, nel bel film indiano The lunch box del 2013, che però è un pretesto per raccontare una storia d’amore tra due sconosciuti).
Il modello era lì, anche nel 1998, quando a uno studente di economia all’università di Tours, Sébastian Forest, che voleva farsi consegnare a casa il pranzo ma non sapeva niente dei dabbawalla indiani, venne in mente di creare Allo Resto, una start-up che avrebbe impiegato sei anni per andare in utile ma che oggi è un colosso dei pasti a domicilio, un milione di clienti fedelissimi che hanno scaricato l’app sul telefonino o sul tablet e 4 mila ristoranti associati e in continua crescita (l’ultimo è Chez Paul, uno dei bistrot più antichi e famosi di Parigi, in rue Charonne, nell’11° arrondissement).
Allo Resto, che è stato acquisito dalla società inglese Just Eat (il colosso britannico del settore con 13 milioni di clienti, 105 milioni di ordinazioni e un bilancio 2015 da far paura: 250 milioni di sterline di fatturato e 60 milioni di ebitda con un impressionante +83% rispetto al 2014), non è l’unico livraison de repas a Parigi (e nelle principali città francesi).
Mathilde Visseyrias, cronista del quotidiano Le Figaro, dice, scherzando, che tra mezzogiorno e le due del pomeriggio, l’ora del dejeuner, della pausa pranzo che nessuno qui in Francia si sogna di saltare, la grande piazza circolare dell’Etoile sembra l’arrivo del Tour de France.

Tanti sono i ciclisti multicolori che, zainoni termici in spalla, sfrecciano attorno all’Arco di Trionfo. Ecco le magliette rosse di Allo Resto, quelle arancioni di Foodora, le verdi di Take It Easy, le bianche-e-verdi di Deliveroo.
Insomma, un fenomeno. Che già esisteva ma che è letteralmente esploso dopo gli attentati del 13 novembre: meno pause nei tavolini sulle terrasse dei bar e più consegne negli uffici (con gran gioia delle aziende che stipulano accordi per livraison collettivi).
Secondo Gilles Raison, pdg di Allo Resto, il mercato parigino vale 50 milioni di ordinazioni all’anno che moltiplicati per un prezzo medio di 30 euro a ordinazione (il servizio di consegna è eccellente, ma i prezzi sono alti come si spiegherà più avanti) fanno 1,5 miliardi di fatturato. Tutta la Francia, secondo il ceo di Just Eat, David Buttress, uno che ci ha creduto già nel 2012 quando ha rilevato Allo Resto dall’affamato studente di Tours, oggi vale almeno 250 milioni di pasti pronti e consegnati e ci sono buone possibilità che il business del food delivery in tutta Europa arrivi a 20 miliardi nei prossimi tre anni.
Da qui la corsa alle start-up (che ormai sono tutte uguali e hanno ben poco di innovativo ma funzionano) e la corsa a finanziarle da parte degli hedge fund (l’anno scorso si è arrivati a 1,1 miliardo di euro) e perfino della Banque postale (pubblica). L’anno scorso sono arrivati Foodora (tedesca), Deliveroo (inglese) e Take It Easy (belga): tutte con un buona dote finanziaria e tutte intenzionate ad allargare il mercato a colpi di pubblicità (sui social media ma anche affissioni e pagine sui quotidiani) e di contratti di fornitura con ristoranti, in una sorta di franchising alla rovescia.
Sono i ristoratori che forniscono i pasti pronti o utilizzando i buchi produttivi in cucina o assumendo nuovi cuochi o creando nuovi laboratori di produzione per accontentare la fame delle società di food delivery.
Le quali, a loro volta, calcolano un mark-up, un ricarico, che va dal 15 al 30% per ordinazione a seconda della qualità e della reputazione del ristorante-fornitore e della distanza del cliente che ha ordinato via telefono o via app su tablet e smartphone (tutti indici, questi, gestiti da un algoritmo di geolocalizzazione).
Una parte del mark-up va a remunerare le società (altrimenti non si capisce un ebitda del 30% come quello di Allo Resto) e un’altra serve per pagare i cyclistes-delivreurs, almeno 10 mila, secondo un calcolo fatto da Adrien Falcon, direttore generale di Deliveroo, che ogni giorno percorrono in media 60-70 chilometri per consegnare cordon-bleu, spaghetti, pied-de-cochon, dessert e caffè. Quasi degli atleti, verrebbe da dire. Che non guadagnano poco: 7,5 euro all’ora, il doppio, 15 euro, nei giorni di pioggia a cui si aggiunge un supplemento da 2 a 4 euro a consegna. «Un ciclista veloce e professionale può arrivare a guadagnare fino a 25 euro l’ora», dice ancora Falcon di Deliveroo che, forse, ha il dente avvelenato perché alcuni ciclisti gli hanno fatto causa per essere assunti (cosa non rara qui in Francia).
Ecco perché i pasti consegnati a casa o in ufficio non sono proprio a buon mercato. «E hanno un effetto perverso anche sui prezzi alla carta, al ristorante», aggiunge Laurent Fréchet, presidente del sindacato dei ristoratori «le società di livraison in certi casi impongono di tenere allineati i prezzi dei nostri menù a quelli delle loro carte. E allora, chi può cerca di farsi la sua livraison in proprio, ma solo i grandi locali ci riescono». E, alla fine, c’è il rischio che il pasto a domicilio, nato come un servizio popolare, diventi un lusso.