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 2016  maggio 27 Venerdì calendario

Il nano di Ciribiribì Kodak ci ride su

«Cercasi nano tenero». Lo avessero detto a lei? «Le cattiverie sono infinite. Adesso rispetto a un tempo c’è maggiore sensibilità. Vent’anni fa la gente era ancora più ignorante, ma un imbecille si trova sempre». Davide Marotta è alto 115 centimetri, la sua fama fu nazionale ai tempi dello spot Kodak, un decennio (1987-1997) in cui compariva come l’alieno – «tenero» per rimanere in argomento – Ciribiribì.
La responsabile casting per la fiction Rai diretta da Francesca Archibugi è stata licenziata per aver scritto quell’annuncio («cercasi nano tenero») su Facebook: «Ma non voglio gettare ulteriore benzina sul fuoco. L’unica è prenderla con filosofia. Da buon napoletano ci faccio una risata e tiro avanti. Come quando mi scrivono certi commenti su Facebook – “questo coso di un metro e dieci” – per la mia partecipazione a Made in Sud».
Davide Marotta è nato a Napoli nel 1962 e sul suo metro poco abbondante – parole sue – ha costruito la carriera d’attore: «Con questo fisico al cinema, a teatro e in tv ci devo giocare. Grazie a mio papà mi sono appassionato presto al cinema – mi portava a vedere i film di De Sica – e al teatro, con Totò e Eduardo e poi Troisi. Ma ho amato molto anche Sordi, Gassman, Tognazzi, Manfredi. E così ho deciso di provare a entrare nel mondo dello spettacolo». L’occasione per lui arriva nel 1985, con un doppio ruolo: Phenomena di Dario Argento e Ginger e Fred di Fellini: «In tutti i set dove sono stato ho sempre incontrato persone squisite, mi hanno sempre trattato con il massimo rispetto. Fellini era sempre curioso e interessato alle vicende di tutti. Era umile e geniale». Un piccolo ruolo lo ha avuto anche nella Passione di Cristo (2004): «Mel Gibson è stato molto generoso, anche umanamente. Mi chiedeva sempre un parere sul girato. Quando il film uscì in America, mi mandò dei soldi in regalo accompagnati da una lettera. Non era dovuto e quindi l’ho ancora più apprezzato».
Prima però c’era stata l’esplosione di popolarità con lo spot Kodak: «L’idea del personaggio – l’alieno simpatico, dotato di telecinesi – veniva da Blade Runner. Quella pubblicità mi ha cambiato la vita. Poi, una volta passata la fama e la notorietà, è stata dura, il telefono squillava sempre di meno. Ma Carlo Buccirosso mi ha dato tante nuove opportunità a teatro, ho lavorato con Pieraccioni e quest’anno mi sono tolto delle soddisfazioni con Made in Sud su Rai2, dove il mio ruolo è quello di mini-man». Si torna sempre lì, alla sua fisicità: «Io ci gioco, lo faccio con ironia e mi diverto». Un tempo era peggio, i ruoli che affidavano a chi è affetto da nanismo erano quelli del figlio deforme ( Phenomena ) o dell’Anticristo ( Passione di Cristo ), quasi a certificare un sillogismo: al difetto fisico corrisponde un difetto morale: «È vero. Allora non c’era la sensibilità di oggi, da 20 anni a questa parte le cose sono molto migliorate. Certo poi se sei “alto” 115 centimetri significa che al 99% trovi ruoli basati sulla fisicità. In America invece gli attori piccoli hanno più possibilità». Basta vedere la strada d’attore che ha fatto Peter Dinklage, tra i protagonisti chiave del Trono di spade.
In tempi di politically correct un termine per non offendere i bassi non esiste: «Nano è proprio brutto. Meglio piccolino o anche lillipuziano, un termine più carino, da favola». Un consiglio? «A Napoli – la battuta viene facile – si cresce prima. Da bambini si soffre molto per questa condizione, ma non bisogna chiudersi in casa, bisogna vivere la vita e prenderla con filosofia».