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 2016  maggio 26 Giovedì calendario

L’inchiesta sugli appalti truccati dell’Atac

Sprechi milionari, appalti gonfiati per gli pneumatici, operazioni opache dei sindacalisti tra distacchi sindacali mai autorizzati dall’azienda e la gestione della mensa interna senza nessun controllo sui pasti effettivamente erogati, nonostante un budget annuale che supera i 4 milioni di euro. Dopo un’inchiesta interna durata per oltre due mesi, martedì il direttore generale di Atac, Marco Rettighieri, ha presentato tre esposti al procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone. Tre dossier per accendere un faro sul marcio di un’«azienda colaborodo», per ammissione dello stesso diggì, che ieri ha partecipato in audizione alla Commissione Trasporti del Senato. È qui che ha informato di avere dato il via alle inchieste.
I DISTACCHI
Un filone dell’indagine riguarda i distacchi sindacali incontrollati. Sono 45 i dipendenti finiti sotto accusa per avere usufruito dei permessi retribuiti senza mai avere ottenuto il nulla osta da parte dell’azienda. Per 10 distacchi nazionali e circa 35 distacchi aziendali infatti non sono stati trovati i documenti autorizzativi. Si tratterebbe quindi – secondo quanto accertato dall’audit interno – di dipendenti che si sono avvalsi delle licenze, senza nessun via libera da parte dell’Ufficio del personale.
IL DOPOLAVORO
Un altro dossier che mette sotto accusa il sistema sindacale di Atac riguarda l’appalto per la gestione della mensa. Un business da oltre 4 milioni di euro che viene gestito dal Dopolavoro aziendale, una società che ha come azionisti gli stessi sindacati. L’inchiesta interna ha fatto emergere che, per l’erogazione dei pasti, non c’è mai stato nessun contratto. Tutto risalirebbe a un vecchio accordo tra azienda e sindacati firmato più di quarant’anni fa (era il 1974) e mai aggiornato. Tanto che ora Atac paga a piè di lista, senza avere la minima idea di quanti pasti vengano effettivamente somministrati ai dipendenti. Inutile aggiungere che non sono mai stati effettuati controlli sulle cucine e nessuno sa se le condizioni igieniche siano adeguate.
Il terzo report spedito in Procura mette sotto la lente il business degli appalti per i ricambi. Come anticipato dal Messaggero a inizio aprile, un’indagine interna dell’Atac ha fatto emergere «anomalie significative» negli acquisti dei pneumatici. Nel 2013 l’azienda prevedeva di acquistarne 1.600 ma alla fine ne ha comprati 7.104. Un boom imprevisto che ha fatto spendere all’azienda oltre 16 milioni di euro e che statisticamente non ha eguali: anche nel 2015 le gomme acquistate sono state poco più di mille.
«Quando mi sono insediato, ho ravvisato diversi problemi sui distacchi sindacali, sulla gestione della mensa da parte del dopolavoro e sulla fornitura di gomme per i bus – ha detto Rettighieri in Commissione – Per questo abbiamo avviato 3 audit interni. Strada facendo ci siamo resi conto che c’era la necessità di approfondire ma i nostri mezzi non sono quelli della Procura, per cui ieri abbiamo depositato 3 fascicoli separati». In realtà, ha ammesso il direttore generale della partecipata, «c’era l’invito da parte del Procuratore Capo a rimanere silenti ma come al solito in Atac è difficile mantenere all’interno delle informazioni». E infatti un dossier anonimo, poche ore dopo l’esposto in Procura, era già arrivato nelle mani del senatore Stefano Esposito, ex assessore ai Trasporti di Marino. Che ieri ne ha parlato per primo in Commissione, aggiungendo poi: «Lo porterò in Procura anche se forse la denuncia di Rettighieri parla delle stesse cose».
Il dossier del diggì di Atac ora è al vaglio del procuratore capo Pignatone, che dovrà decidere se aprire un fascicolo ad hoc o se far confluire le carte nell’indagine su Atac tuttora in corso e che prende in esame cinque anni di appalti e di presunto malaffare intorno all’azienda della mobilità. Proprio in quest’ultima tranche delle indagini erano finite anche le carte che a suo tempo portò a piazzale Clodio l’ex assessore Esposito.