Corriere della Sera, 26 maggio 2016
Hillary Clinton è incriminata e Donald Trump potrebbe esserlo presto. I guai giudiziari che incombono sulle presidenziali Usa
New York Dopo la primavera delle primarie sconvolte dall’eruzione di due fenomeni imprevisti – Donald Trump e Bernie Sanders – dovrebbe arrivare l’estate delle certezze: il consolidamento delle candidature del miliardario repubblicano e di Hillary Clinton per i democratici. Ma forse è presto per dichiarare finita la stagione dei terremoti: l’ex Segretario di Stato è di nuovo nella tempesta per aver sottratto dagli archivi digitali federali, negli anni in cui era al governo, migliaia di email, trasferendole nel suo server privato. L’Ispettore generale del Dipartimento di Stato, un organo indipendente le cui decisioni non sono vincolanti, ha completato l’attesa indagine sul caso e l’ha trasmessa al Congresso: è un duro atto d’accusa contro la Clinton e contro lo stesso ministero degli Esteri che, secondo il rapporto, si è mosso con sospetta lentezza nonostante la gravità del caso che richiedeva interventi rapidi per mettere al sicuro informazioni rilevanti per la sicurezza nazionale.
Non è la prima critica aspra rivolta alla candidata democratica che ha sempre minimizzato, pur ammettendo di aver commesso errori. Ma sulla testa della Clinton continua a pendere l’inchiesta penale dell’Fbi che potrebbe anche concludersi con un’incriminazione. Un’ombra minacciosa che grava da molto tempo sulla campagna dell’ex first lady e che questo rapporto non contribuisce certo a ridimensionare. Secondo il documenti altri predecessori della Clinton – Colin Powell e Madeleine Albright hanno sbagliato, ma i loro errori erano meno gravi, mentre la Clinton è andata avanti anche dopo essere stata avvertita, già nel 2010, che il suo sistema di archiviazione era insicuro.
Ci si aspettava che l’Fbi (autonoma, ma fa sempre capo al governo federale) chiudesse le indagini prima della fase calda della campagna elettorale. Ma il suo capo, James Comey, ha detto che non accetta condizionamenti esterni aggiungendo che i suoi detective non si pongono limiti temporali per mettere un punto fermo su questa delicata indagine, anche se fonti ufficiose del Federal Bureau of Investigation fanno sapere che fin qui non sono emersi elementi significativi per sostenere che la Clinton abbia agito in malafede.
L’ex Segretario di Stato si è resa disponibile per un interrogatorio dall’Fbi che però, non è ancora avvenuto. E ora il rapporto inviato al Congresso alimenta nuovi dubbi e polemiche in un momento delicato della campagna, a pochi giorni dalle ultime primarie, quelle della California, e a due mesi dalla convention democratica.
Ma se Hillary, che in caso di un’incriminazione dovrebbe probabilmente rinunciare a candidarsi, è in difficoltà, non ride nemmeno Donald Trump che, secondo un’inchiesta appena pubblicata dal Daily Telegraph, avrebbe concluso un affare da 50 milioni di dollari con una società islandese concepito in modo da evadere decine di milioni di tasse dovute al Fisco americano.
Se la storia, sulla quale il quotidiano britannico ha lavorato per tre mesi, fosse fondata, anche Trump potrebbe rischiare un’incriminazione. Secondo il Telegraph, che ha ottenuto e pubblica i documenti relativi, firmati da Donald Trump, una società a lui legata avrebbe fatto un investimento da 50 milioni, trasformandolo successivamente in un prestito.
Sull’investimento diretto avrebbe pagato le tasse, sul prestito no. Sempre secondo il giornale, l’immobiliarista avrebbe siglato l’operazione pur consapevole della sua illegalità.