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 2016  maggio 25 Mercoledì calendario

Il caso dei 293 giornalisti spiati da Kiev. Questa Ucraina non è degna dell’Europa

La divulgazione da parte di un sito ritenuto vicino al ministero dell’Interno di Kiev dei nomi di 293 giornalisti (con relativi telefoni e indirizzi, che li pone a rischio di rappresaglie), accusati di collaborare con i “terroristi” filo russi, apre uno squarcio inquietante sullo stato della democrazia ucraina. E svela la vera natura del presidente Petro Poroshenko, al quale l’Europa e gli Stati Uniti hanno concesso finora troppe attenuanti rispetto alle colpe politiche di cui si sta macchiando.
Poroshenko e l’oligarchia corrotta che lo sostiene stanno tradendo lo spirito di Majdan, la rivolta popolare che due anni fa defenestrò Viktor Yanukovich, uomo troppo vicino a Putin. C’è un brutto precedente: lo stesso Poroshenko, miliardario “re del cioccolato”, nel 2004 aveva dato un contributo decisivo all’affossamento della “Rivoluzione arancione” da parte dell’allora presidente Viktor Yushchenko.
Nessuna delle promesse con le quali Poroshenko era diventato presidente è stato mantenuta. Difatti il suo indice di popolarità è sceso a un misero 20 per cento. La corruzione è dilagante (secondo i Panama Papers lo stesso presidente avrebbe creato una società fantasma nelle Virgin Islands due anni fa, proprio mentre i suoi soldati morivano a decine sotto i bombardamenti russi a Ilovaisk). Le riforme istituzionali sono largamente incomplete. La separazione dei poteri inesistente, o quasi. L’economia è disastrata: nel 1991 il Pil ucraino era circa due terzi di quello polacco, oggi è meno di un quarto. Il vero potere è nelle mani degli oligarchi, come ha dimostrato la crisi di governo seguita alle dimissioni del premier Yatseniuk il 10 aprile dopo che il ministro dell’Economia, il tecnocrate lituano Aivaras Abromavicius, aveva denunciato le pressioni dell’oligarchia dominante. E Poroshenko si puntella con le ali più estremiste, alcune dichiaratamente neo-naziste, che hanno sostituito la gente di Majdan prima fisicamente nella piazza e poi ideologicamente nella politica.
La “Rivoluzione della Dignità”, come fu chiamata Majdan, sopravvive grazie a una cinquantina di Ong, che hanno formato una coalizione significativamente denominata “Programma per la rianimazione delle riforme”, osteggiata dall’autorità giudiziaria. La stessa che ora potrebbe indagare sui 293 giornalisti denunciati dal sito governativo, con una palese violazione non solo della libertà di stampa, ma anche di quella individuale. Gli ambasciatori della Ue ieri hanno protestato formalmente. Ma non basta. La Commissione europea deve dire una volta per tutte a Poroshenko che la misura è colma. Questa Ucraina non è degna dell’Europa.