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 2016  maggio 25 Mercoledì calendario

«Lasciatemi in pace, è un’umiliazione». Il giorno più nero di Nibali

«Lasciatemi in pace! Non ho niente da dire. Come vado lo avete visto». Quando un paio di minuti dopo le venti Vincenzo Nibali scende nella hall dell’hotel per andare a cena è una furia. Due autografi in maniera sbrigativa e via in sala ristorante. La 16a tappa del Giro, quella con arrivo ad Andalo, ha chiarito ormai in modo definitivo che lo Squalo ha qualcosa che non va, non sta bene. Eppure quella di ieri doveva essere la prima giornata della riscossa. Invece il finale di tappa – la salita verso Fai della Paganella e la successiva verso Andalo – si è trasformato in un incubo per il siciliano dell’Astana. L’immagine più impietosa, e che pochissimi hanno visto, è stata dopo il traguardo. Il Piccolo Hotel, base del team kazako, era distante mezzo chilometro. Uno spazio che s’è trasformato in un calvario per Vincenzo che, stanco e frastornato, non riusciva neppure a tenere la ruota di Federico Borselli, uno dei meccanici che in mountain bike aveva il compito di scortarlo fino in albergo dove si infila subito in camera. Una pena vederlo in quella situazione.
ILLUSIONE E CRISI Eppure la giornata era iniziata bene. Al raduno di partenza Vincenzo era sorridente, persino felice. L’occhio vivo, da persona sana, in forma. «Si – aveva detto – mi sento bene. Vincere non sarà facile, ma mi sento a posto e ci provo. Intanto se oggi (ieri, ndr) Valverde attacca io non lo seguo. Che si arrangino Kruijswijk e Chaves a corrergli dietro. Sono curioso di vedere cosa succede. Secondo me viene fuori un casino». Invece sulla Mendola Vincenzo fa esplodere la corsa, il piccolo colombiano si stacca e soffre. Con Nibali davanti c’è Kangert, compagno fedele, che mena come un matto per fare la corsa più dura possibile, per far saltare gli avversari. Invece a saltare è Vincenzo. Prima apre la maglia completamente, poi cerca conforto nella borraccia. Ma non c’è niente da fare, quando i suoi rivali buttano giù un dente, lui alleggerisce e abbassa la testa guardando dietro. Si stacca e va alla deriva. Gli ultimi chilometri sono una pena. Tristissimi.
ORGOGLIO Il siciliano ha l’orgoglio a pezzi. La conferma arriva alle 21.05 quando riemerge dalla sala ristorante. Vincenzo vuoi parlare? «No, devo uscire a telefonare. Mi ha appena chiamato mio padre». Altri dieci minuti e lo squalo rientra. Nella hall trova Scarponi che con una battuta gli fa tornare il sorriso. I due si abbracciano e il calore umano di Michele ha il potere di rilassare lo Squalo. Vincenzo, possiamo registrare un video per gazzetta.it? «No, perché mi volete ferire l’orgoglio ancora di più? Già sono a pezzi». No Vincenzo, nessuno vuole ferire il tuo orgoglio. Anzi. Nibali tergiversa un attimo: «Devo andare da Paoletti (il bravo osteopata italo-francese che segue l’Astana, ndr)». Poi si ferma, si appoggia al corrimano della scala e, come per magia, inizia a parlare. «Non voglio cercare scuse – attacca –. La mia condizione attuale è questa, però non capisco perché a me sembra di stare bene. Anche quando mi massaggia Pallini mi dice che le gambe sono a posto». Un attimo di pausa preannuncia che Nibali vuole aggiungere altro. Infatti così è, Vincenzo parla con la voce e con gli occhi. «C’è qualcosa che non va. Ce ne siamo già accorti da alcuni valori. Gli esami del sangue che farò nelle prossime ore serviranno a capirne di più. Però non mi fermo, voglio arrivare a Torino. Bisogna sapere accettare una sconfitta per rispetto degli avversari e dei miei compagni. Come faccio ad andarmene con questo gruppo? Sono fantastici, stanno facendo di tutto per aiutarmi. È da inizio anno che lavoriamo assieme, che soffriamo per questo obiettivo. No, non mollo. Non mi arrendo anche a costo di arrivare dietro. Anche fosse solo per difendere il primo posto dell’Astana nella classifica a squadre».
ESAMI Il punto è che potrebbe esserci un problema di salute, qualcosa che mini il suo rendimento. «Lo valuteremo bene con gli esami. Per adesso spero non sia così anche se qualcosa mi fa temere che possa essere un’ipotesi valida. Però sono in difficoltà perché non capisco cosa mi succede. Anche dopo il traguardo voi mi aspettate e io non so cosa dirvi. Non mi piace fare queste brutte figure, per me sono umiliazioni. Però no, non mollo. A Torino ci arrivo, non posso mollare». Poi si avvia verso le scale. «Anzi no, stavolta vado in ascensore. Sono stufo di fare fatica», parole accompagnate da un sorriso. Questo è Nibali un campione che ha vinto tanto e bene e che, di fronte alla sconfitta, non è mai fuggito.