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 2016  maggio 24 Martedì calendario

La Francia rischia davvero di restare senza benzina

Mezza Francia è bloccata. Senza benzina. Un migliaio di stazioni di servizio sono già en rupture de stock, con i serbatoi vuoti, e altre ottocento en rupture partielle, vale a dire che hanno carburante per uno o due giorni al massimo. Da Tel Aviv, in visita di stato, tra un abbraccio a Benjamin Netanyahu e una stretta di mano a Simon Peres, il capo del governo, Manuel Valls, prova a rassicurare e invita i francesi «à ne pas céder à la panique», a stare tranquilli, a non correre alle pompe di benzina più vicine con i bidoni, anche se in una dozzina di dipartimenti (soprattutto nel Nord Ovest, nella Loira Atlantica, in Vandea, a Finistère, in Bretagna) i prefetti hanno già contingentato i rifornimenti: non più di 30 litri per gli automobilisti e non più di 150 litri per i camionisti e in altri dipartimenti, nel Calvados, nella Seine-Maritime, al Pas-de-Calais, sempre nel nord del paese, è vietato far scorta con i bidoni en appelant au civisme et à la responsabilité de chacun, facendo appello alla responsabilità di tutti come ha ripetuto alla radio e alla tv il sottosegretario ai trasporti, Alain Vidalies.
 
Che cosa sta succedendo? Sta succedendo che per protestare contro la riforma del Code du travail, l’ormai famoso (famigerato per tutti i sindacati e una percentuale non secondaria dell’opinione pubblica) disegno di legge El Khomri (dal nome della ministra del lavoro), i lavoratori hanno bloccato quattro delle otto raffinerie francesi (a cominciare dalle tre più grandi che hanno una capacità di raffinazione di oltre 35milioni di tonnellate di greggio come quelle di Gonfreville-l’Orcher, di Port-Jérôme, di Donges, sull’Atlantico).
 
 
Impianti fermi e cancelli sbarrati con le barricate.
 
«On ne lâchera pas jusqu’au retrait de la loi El Khomri», andremo avanti fino al ritiro della legge El Khomri, gridano ai microfoni di tutte le emittenti tutti i sindacalisti (compresi gli aderenti alla più moderata Cftc, la Cisl francese), mentre i reparti antisommossa della polizia, gli agenti del Crs, le Compagnies républicaines de sécurité, provano a rimuovere le barricate senza provocare incidenti irreparabili che innescherebbero una spirale di violenze di cui non si sente il bisogno dopo settimane di scontri in molte città della Francia.
 
Dall’altro fronte, quello governativo, il premier Valls, mentre rassicura i francesi che il paese non resterà a secco e che, se necessario, saranno aperti i depositi dove sono stoccate le riserve strategiche di carburante (quelle che assicurano 90 giorni di autonomia come prevede l’Agenzia internazionale per l’energia), avverte i sindacati che non si facciano troppe illusioni: «La legge sarà approvata entro luglio a qualsiasi costo». Parole destinate, si capisce, a rinfocolare gli animi alla vigilia di uno sciopero generale dell’industria previsto per giovedì prossimo.
 
Perché, oltre alla legge El Khomri, è in ballo il contratto nazionale degli autisti delle autocisterne (un servizio fondamentale per l’approvvigionamento delle 12mila pompe di benzina distribuite in tutta la Francia): di ridurre la maggiorazione per le ore straordinarie dal 25 al 10% della paga, come prevede la nuova legge sul lavoro, naturalmente non se ne parla. Anzi, se il governo insiste, i camionisti sono pronti a bloccare le consegne durante gli Europei di calcio che cominciano l’11 giugno.
 
E, come se non bastasse, ecco venire a dar man forte i dipendenti dei due porti petroliferi più importanti, Le Havre e Saint-Nazaire. La Francia rischia davvero di restare a piedi come una quindicina d’anni fa, per lo sciopero di tutto il settore trasporti, ai tempi del governo Alain Juppé. Lo stesso che ora si candida alle presidenziali del 2017. La France éternelle, per dirla con Victor Hugo.