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 2016  maggio 24 Martedì calendario

La segretaria non è più quella di una volta (e meno male)

Roberta e Samanta, entrambe emiliane, si dividono sul caffé. «A me non lo chiedono. E di sicuro non mi piacerebbe servirlo» afferma sicura Samanta. «Io invece lo porto, e non mi dà alcun fastidio. Lo sanno che il mio ruolo è ben altro» ribatte Roberta. Samanta Dal Pane lavora all’Electrolux, Roberta Cattani alla Gesco-Amadori. Sono segretarie, pardon, «assistant manager».
Su come vogliono essere chiamate sono d’accordo tutte, anche le altre 270 colleghe che ieri si sono ritrovate in un albergo alla periferia di Milano per rivendicare l’orgoglio e la forza di una categoria che prima di tutto deve combattere contro gli stereotipi. Ripetono come un ritornello: «Basta con l’immagine Anni 50, le segretarie che scrivono solo a macchina o portano il caffé». Appunto.
Le assistenti del terzo millennio sono professioniste più vicine alle manager che alle dattilografe. Prendete per esempio Serena Chiama, 22 anni a diretto contatto con presidenti e amministratori delegati, prima in Ferrari poi alla Fiera di Verona, infine in Sky. «La nostra è una funzione complessa e sfaccettata. All’interno dell’azienda dobbiamo facilitare i rapporti, tenere insieme le diverse anime. E se seguiamo un personaggio pubblico, dobbiamo curarne l’immagine, organizzargli gli appuntamenti, gestire i suoi profili sui social».
Inutile dire che Internet ha sconquassato tutto anche qui. Nell’adunata milanese organizzata da Secretary.it, la più grande comunità di assistenti d’Italia, 9 mila iscritte, non c’è solo rivendicazione e coscienza della propria forza, ma anche formazione. E gran parte delle lezioni è dedicata ai segreti del web. «I social sono uno straordinario elemento di emancipazione, e voi siete il nuovo potere» le incita uno dei docenti (maschio), e non solo per catturare le loro simpatie. «Si può e si deve andare oltre un ruolo ancillare. Noi diamo molto di più, forniamo consigli se ce li chiedono, suggeriamo soluzioni» sintetizza Serena Chiama, che non a caso da poco ha fatto carriera, passando alla guida della comunicazione interna dell’azienda.
Daniela Fasano, assistente di direzione alla Bosch Italia, per esempio, segue anche i progetti di formazione nelle scuole: «La crisi ci ha favorito. In molte strutture sono saltate alcune figure. E le assistenti, con le loro capacità di coordinamento, hanno assunto maggiori spazi».
Parlano tutte almeno un paio di lingue straniere, sanno padroneggiare le nuove tecnologie, hanno capacità di adattamento («Non sempre il tuo capo è rose e fiori» confessa qualcuna), devono per forza di cose essere affidabili e riservate (segretaria viene dal latino secretum). Samanta Dal Pane azzarda: «Chi lo sa, magari un giorno mi metterò in proprio».
Anche Assunta Di Vito di Telecom, ha le idee chiarissime: «Sono qui per la valorizzazione del ruolo. Spesso veniamo considerate di serie B, non tutta l’azienda riconosce il nostro valore». Dionilla Ceccarelli di Alcatel allarga il concetto: «Non viene dato il giusto riconoscimento al lavoro di noi donne». Le assistenti sono infatti (quasi) tutte di sesso femminile. Dentro Secretary.it i maschi sono appena 20 su 9 mila. «Lo stereotipo in questo caso ci aiuta» ammettono.
A proposito, ieri è stata anche eletta «l’assistente dell’anno». Si chiama Federica Pasotti, da otto anni è alla società Fortezza. Parla 3 lingue, ha due figli e un motto: «Credo nell’evoluzione del mio ruolo».