Il Messaggero, 6 maggio 2016
La storia fatta con i calzini
Insieme alla Bastiglia, la rivoluzione francese fece cadere anche le calze di seta lunghe, tradizionalmente abbinate ai calzoni al ginocchio. Gli insorti minacciavano di impiccare chi portava quelle costose calze. Solo Robespierre osava ancora indossarle, essendo al di sopra di ogni sospetto. Il moderato Goethe non vi aveva rinunciato, ma i reazionari, in lutto per la caduta della monarchia, avevano adottato la funebre seta nera. Esaurita la rivoluzione, gli Incroyables, antenati dei dandies, tentarono di resuscitarle, ma invano. Fedele al trono, Chateaubriand definì il camaleontico Talleyrand una calza di seta piena di fango. Napoleone, riprese l’immagine, ma riempì la calza simbolica di un materiale meno profumato.
L’Ottocento nascose le calze prima negli stivali, poi negli stivaletti e infine sotto le ghette. Emergevano solo la sera, dagli scarpini. Celebri quelle a righe verticali bianche e nere di Beau Brummell. Solo in campagna Baudelaire abdicava al nero dei calzini, sostituendolo con un azzurro cupo, ben lontano da quello delle calze, sferruzzate alla contadina dalla madre, con cui un altro poeta, il diciassettenne Rimbaud stupì i raffinati cenacoli parigini.
IL DECADENTISMO
I calzini non bastano mai. Flaubert aveva quattro camicie, ma trentaquattro paia di calzini. Si diceva che D’Annunzio nel suo smisurato guardaroba, ricostruito da G.B.Guerri al Vittoriale, ne avesse trecento. In una celebre foto Wilde posa con le gambe inguainate nelle calze di seta scure, i corti calzoni settecenteschi chiusi da tre bottoni. Ma era solo un effimero ritorno della calza lunga dell’età dei Lumi. Nella Ricerca del tempo perduto di Proust, la frivola austerità dell’abbigliamento dello squisito barone de Charlus è imperniata su una deliberata soppressione delle tinte vivaci, che affiorano imprevedibilmente in una nota verde scuro dell’abito ripresa dalla “riga delle calze”. Nella bibbia del decadentismo, A ritroso di Huysmans, mazzi di calzini di seta di ogni sfumatura riposano dietro le quinte trasparenti di un armadio.
Joyce, assalito da un incontrollabile desiderio di un paio di calzini di seta nuovi aveva fatto fermare per soddisfarlo il taxi su cui viaggiava. Churchill le preferiva nere e si era spinto a ideare un nuovo tipo di reggicalze.
Negli anni Venti gli elegantoni di Francis Scott Fitzgerald usavano solo pedalini di cashmere beige e un poeta rivoluzionario come Vladimir Majakovskij non esitava a rifornirsi di calzini da “Old England”. Le avanguardie furono più disinvolte. I futuristi, Filippo Tommaso Marinetti in testa, esibivano con fierezza patriottica un calzino verde e uno rosso. Il rosso ha sempre tentato gli iconoclasti. Il poeta cubista Max Jacob ostentava le calze vermiglie, fatte a maglia per lui da una delle più celebri cortigiane dell’epoca, Liane de Pougy.
Ma gli artisti sono attratti anche dall’elettricità del giallo: «Così adesso Freud, in calze gialle, invita a ballare la principessa Margaret», si scandalizzava Evelyn Waugh. Le calze colorate del marchesino pittore, Filippo de Pisis, erano ben visibili sotto i corti pantaloni senza piega. Picasso giocava sul contrasto tra le scarpe bianchissime e le calze nere bucate. Henry James notò con raccapriccio che Stevenson aveva due calzini di colori diversi, uno ocra e l’altro porpora. Wystan Auden fingeva di essersi messo per caso due pedalini diversi.
I RITORNI
Ma le righe stavano risorgendo. Simenon negli anni Trenta si faceva fotografare con vistose righe orizzontali ai piedi. Chanel le adottava per i costumi degli attori di Cocteau in Le train bleu. Per una curiosa circolarità, le calze a righe orizzontali del duca di Windsor riaffioreranno, in tinte più sorvegliate, alle poetiche caviglie di Attilio Bertolucci.
In Europa, Balladour che ostentava i calzini Scarlatti presi nei negozi dei prelati vaticani e Blair che li portava corti, senza preoccuparsi delle conseguenze estetiche. Ma negli ultimi anni è in atto una sommessa rivoluzione, inaugurate dall’arcobaleno di righe colorate di Gallo. Il vertice oggi è rappresentato dalle calze Red ideate da un’effervescente stilista, Elena Corner. “Red is the new black” è la parola d’ordine della “regina della calza”. Dalla sua inesauribile creatività scaturiscono infiniti cocktail di “colori vitaminici” per scuotere le caviglie maschili, addormentatate da decenni di nero. Grazie al genio di Corner, chi sulla scia dei futuristi preferisce portare a ogni piede un calzino diverso ha infiniti ventagli di possibilità. Ma chi non vuole rinunciare al nero ha a disposizione praticissime calze Red illuminate dalle stazioni della metropolitana. Il viaggio è appena iniziato.