La Stampa, 5 maggio 2016
I cinesi di Prato e i loro sacchetti della spazzatura pieni di soldi
Quasi un milione di capi sequestrati, venti aziende perquisite, una trentina di persone indagate, tra commercianti e imprenditori cinesi, titolari di imprese del distretto tessile di Prato, ex culla del «Made in Italy». Per tutti l’accusa è di frode in commercio, per aver immesso sul mercato montagne di capi sintetici «spacciati» per prodotti realizzati con fibre di pregio: cachemire, mohair, pura lana vergine e seta. È il bilancio dell’operazione della Guardia di Finanza di Torino condotta ieri nel quadrilatero industriale dell’abbigliamento alle porte di Prato, nello stesso complesso di capannoni dove tre anni fa un incendio causò la morte di 7 operai cinesi, intrappolati sul posto di lavoro.
In questa inchiesta, coordinata dalla procura torinese, i finanzieri dei «Baschi Verdi» sono andati a ritroso, ricostruendo la filiera commerciale: dalle boutique, ai grossisti, fino alle imprese che importano dall’Asia i prodotti già realizzati che nell’ultima fase vengono «rifiniti» per diventare «Made in Italy». Merce a bassissimo costo che da Prato raggiunge a fiumi i punti di smistamento di Milano, Bologna e Torino, e finisce per inondare negozi e bancarelle. Due mesi fa, nella tappa intermedia dell’indagine, gli investigatori hanno sequestrato migliaia di capi «taroccati» nel centro «Città Commerciale» di Settimo Torinese, uno dei grandi poli all’ingrosso del Nord Italia. «Di fronte a questo sistema, così bene radicato, le aziende italiane non possono competere e sono costrette a chiudere, perché di fatto non riescono a sostenere la concorrenza» dice Mirko Zacchei, della Femca Cisl di Prato. Il giro di affari delle aziende oggetto di perquisizione supera i 100 milioni di euro. Ma il flusso di denaro sommerso, nel polo del tessile come anche nei centri all’ingrosso, è immenso. A Prato, gli imprenditori cinesi hanno creato persino delle ronde per difendersi dagli assalti dei banditi che danno la caccia agli «incassi in nero». E che incassi: «Sacchetti della spazzatura pieni di soldi», dicono qui. I finanzieri, al comando del maggiore Marco Salvagno, hanno permesso di mettere sotto la lente anche i bilanci di queste società, alcune con fatturati stratosferici a fronte di un solo dipendente. Paradossi economici, rilevati anche dai sindacati. «In genere, i lavoratori contrattualizzati – aggiunge Zaccheri – sono assunti part-time, anche se poi di fatto lavorano a ciclo continuo». Ieri mattina, in più di un’azienda esclusa dai decreti di perquisizione, si è assistito ad un fuggi fuggi di operai. In un caso sono scappati dal tetto. «Per quanto riguarda le contestazioni di frode – dice l’avvocato Patrizio Fioravanti, legale di uno degli imprenditori indagati – dovremo valutare le accuse anche alla luce delle nostre controanalisi sui filati».