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 2016  maggio 05 Giovedì calendario

I matrimoni al buio in tv funzionano davvero. La metà delle coppie non si lascia

P er i più cinici, in effetti, è da tempo una lotteria. Nel senso che uno si sposa anche con il proposito di stare insieme per sempre, ma poi succede che le cose vanno diversamente. Ed è forse anche per questa poco romantica consapevolezza che i matrimoni – in Italia come altrove – diminuiscono: dal 2008 al 2014 se ne sono celebrati ottomila in meno ogni anno. Eppure, in questo panorama poco confortante, c’è ancora chi è disposto a scommettere sulle nozze. Nel vero senso della parola. Perché un conto è il pur temutissimo appuntamento al buio, ma se anziché ritrovarsi a cena con qualcuno che non si conosce si diventa direttamente sua moglie, il rischio è ben più alto di una serata noiosa. Ma c’è chi lo ha fatto. In Italia sei persone si sono sposate senza conoscersi. Non si erano mai parlate, non si erano mai viste prima del momento in cui si sono presentate – lei in abito bianco, lui in completo elegante – davanti a chi, pochi istanti dopo, le ha sposate. A documentare, non solo le telecamere dei parenti, ma anche quelle di «Matrimonio a prima vista», un programma che dopo aver fatto il giro del mondo avrà ora la sua prima edizione italiana, al via il 19 maggio su SkyUno.
Più che di una trasmissione, un «esperimento sociologico». Perché le coppie che si sono sposate non sono nate a caso: un sociologo, una sessuologa e uno psicoterapeuta hanno analizzato tutti i candidati e poi formato «in laboratorio» la coppia che, sulla carta, ha più chance di resistere. Follia? Forse. Sta di fatto che, nel mondo, matrimoni nati con questo programma non solo resistono, ma hanno dato vita a famiglie con figli. Al momento, la percentuale di riuscita è del 47,54%. Il 52,46% di chi ha partecipato all’esperimento si è lasciato, quindi ha divorziato. Perché queste nozze al buio non sono una finta, o una specie di, ma un matrimonio vero, legale. Per scioglierlo bisogna divorziare.
Una scommessa non da poco. Per chi si sposa ma anche per chi si trasforma in un Cupido della scienza e forma le coppie a tavolino. Come il sociologo Mario Abis che ha seguito l’edizione italiana. «Abbiamo fatto qualcosa che mai era stato tentato: unendo tecniche di ricerca interdisciplinare si è costruito un matrimonio “ideale”». Ammette «di aver avvertito una certa responsabilità nel lavorare al progetto, ma ci ha fatto capire qualcosa in più sul nostro Paese». Ad esempio «sono rimasto sorpreso del fatto che quasi tutte le persone selezionate all’inizio, quando hanno saputo che avrebbero dovuto sposare uno sconosciuto non si sono tirate indietro. Ci aspettavamo un effetto choc, invece su 100 in 60 hanno accettato la condizione». Questo parla «di grande domanda di affettività, specie tra i giovani. Viviamo nell’era dei social network: c’è già un aspetto artificiale nella costruzione dei rapporti. In fondo, qui conosciamo le persone che mettiamo in contatto senza falsificazioni». Meno indulgente l’avvocato matrimonialista Cesare Rimini: «È vero che ogni matrimonio ha i suoi rischi, ma qui siamo oltre. Il precedente sono i matrimoni combinati, che in genere hanno una tenuta maggiore rispetto agli altri perché non sono basati sull’amore. Ma in queste nozze combinate ad altissimo livello io vedo molte controindicazioni e il rischio di presa in giro. L’istituto del matrimonio qui è profondamente alterato». Questo perché «l’incontro tra due persone è chimica, emozione», conferma la psicologa e psicoterapeuta Silvia Gangemi. «Così viene meno la poesia alla base dell’unione tra due persone e il valore che dovrebbe avere un matrimonio. Può andar bene, ma c’è un lato artificiale, manipolato. E se va male ci si ritrova con un bagaglio di esperienza con cui bisogna fare i conti».