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 2016  maggio 05 Giovedì calendario

Cannabis, Gandhi e botticelle: quant’è modesta questa campagna elettorale romana

Divisi su tutto, ma uniti dalla cannabis. Virginia Raggi non esita a rilanciare la legalizzazione delle droghe leggere perché «bisogna assolutamente sottrarre questo tipo di commercio al racket e alla criminalità». Per tutta risposta Roberto Giachetti, orgoglioso dei trascorsi radicali, applaude: «È una mia battaglia storica. Lavoriamo insieme su questo». Peccato soltanto che «lavorare» sulla legalizzazione dell’hashish, per chi si candida a fare il sindaco di Roma, sia alquanto complicato. Non fosse altro perché se c’è una cosa che un sindaco non può fare è proprio questa: le leggi, fino a prova contraria, le fa il Parlamento. Come peraltro deve sapere bene il democratico Giachetti, il quale è anche vicepresidente in carica della Camera dei deputati.
Forse ci sta, in una campagna elettorale dove oltre alla guida della Capitale ci sono in ballo anche gli equilibri politici nazionali, che i pretendenti alla poltrona mischino un po’ le carte per alzare il profilo dello scontro. E magari, nella trance agonistica, ci sta pure che la candidata grillina Raggi confessi di ispirarsi a «San Suu Kyi, Gandhi e Martin Luther King», bocciando le Olimpiadi che invece tanto piacciono a Giachetti. Non sarebbe però male se si discutesse soprattutto della ciccia, ovvero dei problemi enormi che ha Roma, e di come risolverli.
Intendiamoci, non che i candidati aggirino l’ostacolo. Per esempio Virginia Raggi vuole abolire le botticelle, come si chiamano a Roma quelle carrozze per turisti trainate da un solo cavallo. «Stop ai maltrattamenti degli animali», ha twittato categorica. Ma pure Giachetti si espone coraggiosamente «per il superamento delle botticelle, le condizioni in cui vivono i cavalli sono intollerabili». Parole simili a quelle già sentite tre anni fa. Ricordate? «Stiamo pensando al trasferimento delle botticelle che potranno girare solo in zone dove i cavalli non soffrano. Sicuramente non andranno più nel traffico»: firmato, Ignazio Marino. La cosa non gli ha portato fortuna. Lui è a casa, mentre le botticelle continuano a girare nel traffico.
Chi vuole togliere i cavalli dalle strade e chi invece ha in mente di far fuori i nove milioni di topi che infestano la capitale. È il forzista Antonio Razzi, anche lui candidato, pronto a ingaggiare per la bisogna un esercito di mezzo milione di gatti. Con il democratico Stefano Pedica che sibila all’indirizzo di Alfio Marchini, il quale ha appena incassato il sostegno del capo di Forza Italia Silvio Berlusconi: «Proporrà anche lui lo sterminio dei roditori ad opera dei felini?». Interrogativo angosciante. Ma è certo che il problema dei topi avrebbe dovuto affrontarlo anche l’ex candidato a cui il Cavaliere ha preferito Marchini: non aveva forse promesso Guido Bertolaso che avrebbe reso il Tevere balneabile?
Triste notare come la quota di questa campagna elettorale resti paurosamente modesta. Il fatto è che ci sono ben altre domande alle quali dovrebbe rispondere chi si candida a guidare una capitale d’Italia ridotta in queste condizioni. Avendo possibilmente idee decisamente più chiare di quelle, a dir poco lapalissiane, ascoltate finora. Che cosa si fa con l’Atac, la disastrata e inefficiente municipalizzata del trasporto pubblico affogata nei debiti che ha più di 12 mila dipendenti e fa marciare poco più della metà dei mezzi in una città che ha più auto per abitanti di qualunque altra metropoli al mondo? «Deve tornare a essere un fiore all’occhiello e non va privatizzata», dice Virginia Raggi. Che precisa: «Va gestita bene». E spavaldamente dichiara guerra alle auto in doppia fila. «Deve restare pubblica», concorda Marchini, che garantisce di curare «personalmente il piano industriale». Buona fortuna. Mentre Giachetti promette: «Tornerà grande». Suggerendo di non prendersela con gli autisti. E Giorgia Meloni insiste: «Stiamo valutando la possibilità di reintrodurre il bigliettaio». Perché sugli autobus si deve pagare il biglietto, eccome. Chi non è d’accordo? Per inciso il bigliettaio è spuntato e tramontato venti volte negli ultimi vent’anni. Auguri anche a Giorgia Meloni.
E la pulizia? Secondo uno studio inedito della Confartigianato basato su dati di Bruxelles, Roma è la capitale più sporca d’Europa: il 91% dei romani si dichiara insoddisfatto. Oltre al danno c’è poi anche la beffa. A Roma ogni cittadino paga per i rifiuti 249,92 l’anno, il 50,9% più della media nazionale. Ma nessuno che abbia fatto finora, anche qui, una proposta meno che generica. «Serve ragionare su una grandissima opera di ripulitura della città», azzarda Giachetti. «La città è un museo ridotto a una stalla, porteremo la raccolta differenziata all’85%», incalza Giorgia Meloni. «Per renderla più efficiente si deve fare in modo che quando Ama non effettua ciò che deve, le sanzioni devono essere riversate sui dirigenti. No agli inceneritori», è la ricetta di Virginia Raggi.
Intanto la prima a fare le spese della pulizia è Nathalie Naim, esclusa dalla lista Giachetti perché querelata da alcuni gestori delle bancarelle sul Tevere che non hanno gradito le sue critiche sul degrado provocato dalle manifestazioni estive sul fiume. In un altro Paese il suo partito le avrebbe dato una medaglia. Qui le impedisce di candidarsi. Si chiamano liste pulite. Così pulite che non si nota un filo di ipocrisia...