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 2016  maggio 04 Mercoledì calendario

Perché l’Europa non vuole mettersi alle spalle il problema bancario?

I titoli bancari sono tornati ieri nel mirino dei mercati finanziari.
Nel gennaio e febbraio scorso, le azioni e le obbligazioni delle banche europee sono stati investiti da violente turbolenze, prima sulla base di una lettera della Banca centrale europea sui crediti deteriorati, il cui contenuto, secondo il presidente della Bce, Mario Draghi, era stato male interpretato, e che ha colpito soprattutto le banche italiane, quindi a causa delle incertezze sul futuro di Deutsche Bank, di cui si metteva in dubbio addirittura la solvibilità.
Ieri, la causa occasionale del nuovo sconquasso sono stati i risultati trimestrali di alcune banche internazionali: il clima non è favorevole per nessuno, tanto che l’andamento negativo degli utili delle banche dell’eurozona replica quello delle grandi banche Usa, così come della britannica Hsbc (su cui pesano elementi idiosincratici come esposizione ai mercati emergenti e Brexit) e della Ubs. Ma, più di tutti, le vendite hanno colpito Commerzbank, i cui utili si sono più che dimezzati, e che resta, dopo due salvataggi con fondi pubblici, controllata al 15% dal Governo tedesco. Il titolo di Deutsche Bank, che la scorsa settimana aveva accusato una caduta degli utili del 58%, ha a sua volta risentito anche delle dimissioni del consigliere Georg Thoma (di cui Il Sole 24 Ore ha dato notizia sabato scorso), capo del Comitato interno per l’integrità della banca, la più coinvolta negli scandali finanziari internazionali, in dissenso con i suoi colleghi in quanto ritenuto troppo zelante nel perseguire l’operazione pulizia. A questo si è aggiunto nel fine settimana un pesante rapporto della Fca, l’organo di vigilanza britannico, che ha descritto il fallimento “grave e sistemico” dei controlli interni della banca tedesca. 
Sullo sfondo, resta l’imponente esposizione ai derivati, che l’uso dei modelli interni (grazie al quale in pratica le grandi banche valutano da sé questo tipo di esposizione) minimizza agli effetti dei requisiti patrimoniali.
Il fatto non sfugge ai supervisori. Il membro del consiglio di vigilanza della Bce, Ignazio Angeloni, ha spiegato ieri in audizione al Senato che, per ovviare a questo problema, non solo è stato introdotto il coefficiente di leva finanziaria, che entrerà in vigore dal 2018, ma che la Bce ha avviato un’analisi mirata dei modelli interni, accoppiata a un esame, da parte del Comitato di Basilea, dei rischi di mercato. Si vuole evitare che le differenze nella ponderazione del rischio siano determinate non dal diverso rischio delle esposizioni sottostanti, ma dalle scelte dei modelli, che le banche possono confezionare a propria misura.
In Italia, la vicenda Popolare Vicenza e le incognite su altri istituti, da Veneto Banca a Carige a MontePaschi, continuano a gettare un’ombra sull’intero sistema, anche se Angeloni ha giudicato positivamente, come del resto aveva fatto Draghi, sia lo schema di garanzia per le cartolarizzazioni, sia la nascita del fondo Atlante. Nessuna delle due iniziative appare però risolutiva dell’incertezza e dello sfavore dei mercati. Questi ultimi hanno però ormai allargato la prospettiva dalle banche italiane all’intero settore nell’eurozona.
Non aiuta di certo il fatto che il completamento dell’unione bancaria (di cui, dopo il varo della vigilanza unica e della risoluzione, è un elemento essenziale la garanzia sui depositi, la terza “gamba” ancora incompiuta) incontri l’ostruzionismo tenace della Germania. Resta la sensazione che, otto anni dopo lo scoppio della crisi, in Europa, e certamente nella sua economia più importante, manchi la volontà politica per mettere finalmente alle spalle il problema bancario, che pesa in modo così evidente anche sull’economia reale. Ma che si pensi di poter continuare a contare su soluzioni ad hoc, nell’illusione di un splendido isolamento. Che, come dimostrano anche le vicende di questi giorni, non c’è, e non è affatto splendido. Prima Berlino si convincerà di doversi muovere sull’unione bancaria e meglio sarà per tutti. Comprese le sue banche.