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 2016  maggio 04 Mercoledì calendario

I Paesi dove non c’è libertà religiosa. La Corea del Nord è la prima della lista

Gli attacchi contro i cristiani e la libertà religiosa sono in aumento in tutto il mondo. Non solo nei paesi da sempre nella lista nera come Corea del Nord, Cina, Arabia Saudita e Iran. La persecuzione dei cristiani è peggiorata in nazioni come l’India e il Pakistan. La denuncia arriva dalla presentazione, lo scorso lunedì, del nuovo rapporto annuale degli Stati Uniti sulla libertà religiosa nel mondo (Uscirf), che si riferisce al 2015. «Purtroppo non ci sono miglioramenti, ma in alcuni paesi la situazione è peggiorata», ha dichiarato Robert P. George, che presiede la Commissione federale bipartisan responsabile del documento.
«Nella Corea del Nord migliaia di credenti e le loro famiglie sono imprigionate nei campi di lavoro», si legge nel rapporto. «La libertà religiosa non esiste. Chi professa in segreto la propria fede viene arrestato, torturato e imprigionato» denunciano gli americani. «I nordcoreani sospettati di contatti con missionari stranieri nella Corea del Sud o trovati in possesso della Bibbia vengono giustiziati», secondo il rapporto Usa. «La Corea del Nord è il peggiore Paese al mondo» per la libertà religiosa sostiene George, docente dell’università di Princeton.
L’ultimo regime stalinista è in testa alla lista nera seguito da Sudan, Cina, Arabia Saudita, Iran, Myanmar, Eritrea, Turkmenistan e Uzbekistan. Dall’elezione nel 2013 del presidente iraniano Hassan Rouhani, considerato un moderato, gli arresti causati da motivazioni religiose «sono aumentati». Il rapporto spiega che «dissidenti sciiti, sunniti, musulmani sufi e i convertiti al cristianesimo subiscono soprusi, che arrivano fino al carcere». Fra le nove nazioni che si distinguono per reprimere la libertà religiosa spicca la Cina. Il governo comunista di Pechino punta il dito contro i musulmani uighuri accusandoli di terrorismo. Però negli ultimi anni «è sistematica la rimozione forzata dei crocifissi nella provincia di Zhenjiang, un’area ad alta concentrazione cristiana». Le autorità cinesi utilizzano il pretesto di violazioni delle norme di costruzione per chiudere «in particolare le chiese considerandole strutture illegali».
Oltre alla lista nera dei primi nove Paesi di «particolare preoccupazione» gli Stati Uniti hanno stilato una seconda lista di nazioni dove «serie violazioni» della libertà religiosa «sono attuate o tollerate dai governi in carica». Una decina di Paesi compresi Cuba e Siria, ma che punta il dito anche contro alleati di Washington come l’Afghanistan, il Pakistan, l’Egitto, l’India, il Vietnam e la Nigeria.
«In Pakistan ci sono più condannati all’ergastolo o nel braccio della morte che in qualsiasi altro Paese al mondo» si legge nel rapporto sulle libertà religiose 2016. Il presidente della Commissione che lo ha preparato definisce «un oltraggio» la vicenda di Asia Bibi, la madre cristiana di cinque figli arrestata nel 2009 per blasfemia e ancora nel braccio della morte.
Nel 2015 è peggiorata la libertà religiosa anche in India grazie al tacito appoggio agli estremisti hindu del partito Bharatiya Janata del premier Narendra Modi. «Intimidazioni, molestie e violenze» hanno colpito le minoranze «cristiane, musulmane e sikh». L’Egitto pur avendo pubblicamente incoraggiato la tolleranza religiosa ha di fatto garantito «un clima di impunità» per gli estremisti musulmani responsabili delle violenze contro i copti cristiani. Il Vietnam, che di recente ha rafforzato le relazioni con Washington, continua a controllare e reprimere «tutte le attività religiose».
La minaccia peggiore arriva dalle bandiere nere dello Stato islamico, che secondo il rapporto «hanno commesso crimini contro l’umanità e genocidio contro diversi gruppi religiosi» come i cristiani.