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 2016  maggio 04 Mercoledì calendario

Ravel, è già guerra per i diritti scaduti del Boléro

Nel mondo della «classica», tutti pregustavano già esecuzioni a raffica delBoléro di Maurice Ravel, finalmente senza dover pagare i diritti d’autore. Quelli degli eredi del maestro sono infatti scaduti domenica 1° maggio, festa del Lavoro e della liberazione del Boléro
E invece (forse) no. La bomba l’ha fatta esplodere ieri l’altro Le Figaro, rivelando che alla Sacem, la Siae francese, si sta discutendo una vertenza che potrebbe rimettere in gioco la gratuità di uno dei più celebri brani di tutto il mondo e di tutti i tempi, e certamente il più celebre di tutta la musica francese. 
La storia è lunga ma non troppo complicata. Intanto, le regole: per la legge francese (e anche per quella italiana) i diritti dell’autore scadono 70 anni dopo la sua scomparsa. Ravel morì nel 1937, ma i suoi diritti hanno avuto un prolungamento eccezionale per «compensarlo» degli anni di guerra, quando di Boléro se ne eseguivano meno. 
Dunque, scadenza il 1° maggio 2016. Però si sono fatti vivi non gli eredi di Ravel, che peraltro nessuno sa con precisione chi siano, ma quelli, sette in tutto, dello scenografo russo Aleksandr Benois. La loro tesi è semplice. Benché sia sempre eseguito in concerto, il Boléro debuttò nel 1928, all’Opéra, come balletto. Quindi ne sarebbero coautori anche la coreografa, Bronislava Nijinska, e lo scenografo, appunto Benois. Visto che quest’ultimo morì nel 1960, i diritti verrebbero prolungati di una ventina d’anni. E valgono, sempre secondo il Figaro, circa 20 milioni di euro. 
La disputa, a suon di raccomandate e ingiunzioni, va avanti dal 2005 ma, secondo il quotidiano, ha subito un’accelerazione negli ultimi tempi. Venerdì, dunque 48 ore prima che il Bolérodiventasse «libero», il Consiglio d’amministrazione della Sacem si è riunito e ha respinto la domanda degli eredi di Benois, cui si sarebbero associati quelli di Ravel, oggi rappresentati da due misteriose società, una con sede a Montecarlo e l’altra ad Amsterdam, dato che l’eredità Ravel è uno dei feuilleton più lunghi e inestricabili della storia della musica.
Intanto, ieri, ultimo colpo di scena (per ora, almeno). Con un secco comunicato, la Società degli autori ha ribadito di aver rigettato la domanda degli eredi e ha ripetuto che «il Boléro fa parte del dominio pubblico». Il compositore Laurent Petitgirard, che della Sacem è presidente, ha spiegato che «non abbiamo alcun elemento diretto che provi la collaborazione fra monsieur Ravel e monsieur Benois, né di qualunque contratto, né di qualsiasi scrittura fra i due uomini», aggiungendo che le stime sulle royalties con le quali si sbizzarrisce da giorni la stampa francese sono «stravaganti». 
Ma è praticamente certo che gli eredi non molleranno l’osso e combatteranno fino all’ultimo cavillo. L’«affaire», insomma, non è ancora finito.
Suprema ironia della sorte, il Boléro esiste proprio «grazie» ai diritti d’autore. Nacque infatti da una commissione della grande ballerina Ida Rubinstein, che chiese a Ravel di orchestrare per lei sei brani pianistici di Iberia di Albeniz. Ma i diritti di Iberia erano dell’allievo di Albeniz, Enrique Arbos, che dapprima non diede il permesso, poi ci ripensò. 
Troppo tardi: Ravel aveva già fatto per conto suo, componendo un brano originale (e quanto!), quindi il Boléro è in qualche modo «figliastro» della normativa sui diritti d’autore. Sulla quale, peraltro, Ravel aveva le idee chiarissime: «Queste leggi sono idiote».