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 2016  maggio 04 Mercoledì calendario

In Italia non si possono più costruire nuove case. Perché? Be’ basta pensare che ogni giorno viene cementificata una superficie che corrisponde a 80 campi di calcio, 7 metri quadri ogni minuto. La legge per azzerare il consumo di suolo è arrivata alla Camera

L’obiettivo è quello di azzerare entro il 2050 il consumo di suolo. Impresa non facile se si considera che oggi in Italia vengono cementificati circa 7 metri quadri di suolo ogni minuto, una superficie che nell’arco di una giornata corrisponde a circa 80 campi da calcio e che ha fatto salire al 7% del territorio nazionale la quota di suolo «consumato». Si tratta di ben 21 mila chilometri quadrati, 345 mq per ogni abitante.
La legge sul «Contenimento del consumo del suolo ed il riuso del suolo edificato», a due anni di distanza dalla sua presentazione è arrivata al primo giro di boa: entro oggi la Camera darà il primo via libera. Ieri Montecitorio ha respinto le pregiudiziali di costituzionalità e circa un terzo dei 300 emendamenti proposti soprattutto dalle opposizioni, a cominciare da M5s e Sel. 
Le nuove regole 
Una volta approvata la legge si prevede un iter complicato e non certo breve a causa dei tanti passaggi. Tant’è che la legge introduce un periodo transitorio di tre anni durante il quale non sarà possibile consumare suolo tranne che per lavori ed opere già inserite nei piani urbanistici. Il primo passo, infatti, assegna al ministero delle Politiche agricole, di concerto con Ambiente, Beni Culturali e Infrastrutture, il potere di definire attraverso un apposito decreto «la riduzione progressiva vincolante di consumo del suolo» a livello nazionale. Criteri e modalità verranno messe a punto dalla Conferenza unificata (alla quale partecipano anche le regioni), che dovrà tenere conto delle specificità territoriali, delle caratteristiche dei suoli, delle produzioni agricole e dell’estensione delle coltivazioni (anche in chiave di sicurezza alimentare nazionale), della sicurezza ambientale, della pianificazione territoriale e dell’esigenza di realizzare opere pubbliche e fornire il suo parere entro 180 giorni dall’approvazione della legge, altrimenti subentra il governo. 
Chi resta fuori 
Solo le infrastrutture e gli insediamenti produttivi strategici e di preminente interesse nazionale e le opere di interesse statale e regionale non rientrano nei vincoli. L’attuazione concreta del piano compete alle Regioni che devono fissare criteri e modalità da rispettare nell’ambito della pianificazione urbanistica comunale. Anche in questo caso a fronte di enti inadempienti decide il governo. 
La priorità al riuso 
Sempre entro il termine di 180 giorni le Regioni «dettano disposizioni per incentivare i comuni a promuovere strategie di rigenerazione urbana individuando gli ambiti urbanistici da sottoporre prioritariamente a interventi di ristrutturazione e di rinnovo edilizio». 
Censiti gli edifici sfitti 
Le Regioni dovranno dettare anche le disposizioni per la redazione di un «censimento comunale degli edifici sfitti, non utilizzati o abbandonati al fine di creare una banca dati del patrimonio edilizio pubblico e privato inutilizzato, disponibile per il recupero o il riuso». Spetta invece ai comuni segnalare ogni anno al prefetto le proprietà in stato di abbandono. 
Aree degradate 
La legge assegna una delega specifica al governo, da esercitare entro 9 mesi, per semplificare attraverso le procedure per gli interventi di rigenerazione delle aree urbanizzate degradate attraverso progetti organici relativi a edifici e spazi pubblici e privati, basati sul riuso del suolo, la riqualificazione, la demolizione, la ricostruzione e la sostituzione degli edifici esistenti, la creazione di aree verdi, pedonalizzate e piste ciclabili, l’inserimento di funzioni pubbliche e private diversificate volte al miglioramento della qualità della vita dei residenti. 
Compendi agricoli 
La legge fissa criteri molto precisi e rigidi per i compendi agricoli neorurali e sui mutamenti di destinazione. Vietati per 5 anni, in particolare, per le superfici coltivate che hanno beneficiato di aiuti comunitari. 
Sino a tre anni di blocco 
Dall’entrata in vigore della legge e fino all’adozione dei piani regionali, e comunque non oltre il termine di 3 anni, non è consentito il consumo di suolo tranne che per lavori ed opere inserite negli strumenti di programmazione urbanistica e per le opere prioritarie. Nel caso il termine di 3 anni dovesse trascorrere inutilmente scatta un tetto all’uso del suolo pari al 50% di quanto consumato in media nei 5 anni antecedenti.