La Stampa, 1 maggio 2016
Il romanzo che ha scalato le classifiche grazie ai social
Stavolta si può quasi gridare al miracolo. Un romanzo molto bello, con una scrittura di rara forza e di più rara sobrietà, entra in classifica. Si guadagna il terzo posto nella narrativa straniera e l’undicesimo in quella generale, senza vetrine in libreria, senza l’apparizione dell’autore in un talk-show, senza rientrare nel novero fortunato dei romanzi cosiddetti «di genere». Per di più, a pubblicarlo è un piccolo e raffinatissimo editore, L’Orma. Il romanzo s’intitola Il posto, l’ha scritto una grande autrice francese: Annie Ernaux.
Come è stato possibile che le stagnanti acque dell’editoria italiana si siano mosse all’improvviso? Il merito è di una community di lettori social, Billy il vizio di leggere, che conta quasi undicimila iscritti. I due animatori del gruppo, Angelo Di Liberto e Carlo Cacciatore, hanno lanciato la sfida: ma se per entrare in classifica occorre che un libro venda più o meno tot in una settimana, perché non proviamo a spingere noi lettori, dal basso, un titolo alternativo?
Dopo una discussione sulle proposte e una sorta di primarie, si è arrivati a una cinquina e poi a un vincitore. Quasi 2400 lettori hanno preso sul serio la scommessa, ritagliando a forza, in classifiche sempre più piatte e prevedibili, uno spazio per un libro diverso. Sono corsi in massa, nella stessa settimana, nelle librerie e hanno comprato Il posto. Un semplice gesto, moltiplicato dal passaparola su Facebook, ha fatto la differenza. Forse la parola chiave è proprio questa: differenza.
Se abbiamo un problema, è tutto lì. Non tanto nel fatto che in testa alla top ten ci siano romanzi facili, scritti con lo stampino, libretti evanescenti di youtuber e cantanti. Bando agli eccessi di snobismo: niente di male, o meglio, niente di strano. D’altra parte, l’eterna lotta tra «alto» e «basso» è destinata a infrangersi – sempre e comunque – contro l’inappellabile muro del gusto personale, della capacità di far diventare esperienza, o emozione, anche la storia più ovvia e mal scritta. C’è da preoccuparsi piuttosto quando i libri in vetta si somigliano tutti, sembrano tutti usciti dalla stessa mano: le Cinquanta sfumature di ieri e il pornosoft di Silvia Day oggi, Ann Todd che richiama legioni di lettori (solitamente recalcitranti) sedicenni e le sue emule anche italiane, il potere del riordino, le diete e le ricette, le ricette e le diete – e nient’altro. Quando il paesaggio diventa tutto uguale, quando non c’è un solo dettaglio che stacca, il rischio è finire per credere che sia tutto così, che non esista altro. E invece altro c’è, eccome! Non è meglio né peggio in termini assoluti, ma è – appunto – diverso. Quando rimuginava sui danni prodotti dall’industria dell’intrattenimento, David Foster Wallace faceva l’esempio delle caramelle. Sono buone, diceva, rendono più dolci le giornate. E va bene. Ma se ti nutri di sole caramelle, va a finire che muori. In un senso profondo, diceva, va a finire che muori.