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 2016  maggio 01 Domenica calendario

Nicola Rossi è il nuovo presidente del Consiglio di sorveglianza di Bpm

Con una maggioranza schiacciante – 3356 voti, contro i 1231 raccolti dai soci non dipendenti e i 276 dai candidati del fondo Athena – la lista promossa da sindacati e pensionati vince l’assemblea della Banca Popolare di Milano, l’ex senatore, «dalemiano pentito», Nicola Rossi diventa il nuovo presidente del Consiglio di sorveglianza (Cds), con la conferma dei vice Mauro Paoloni e Marcello Priori. Rossi assicura che il Cds da lui guidato «svolgerà i suoi compiti con attenzione e senso di responsabilità rispetto al momento complicato».
Un esempio su tutti è la fusione col Banco: mentre l’ad Giuseppe Castagna prefigura il nuovo soggetto come possibile «polo aggregante, ma solo per altre banche popolari che o troveranno la possibilità di aggregarsi tra loro o potranno guardare a noi», ci pensa l’ormai ex presidente di Bpm Piero Giarda, in un intervento d’addio al vetriolo, a mettere in dubbio l’impianto dell’operazione. La banca che nascerà, afferma beffardo, «non ha le caratteristiche per essere considerata la coppia dell’anno».
L’ex ministro del governo Monti denuncia le «pesanti incertezze in materia del rischio di credito del Banco Popolare», che hanno sollevato a più riprese «dubbi e perplessità sulla tenuta dello stato patrimoniale della banca» anche da alcuni membri della maggioranza. Ci sono stati, spiega, due voti contrari al parere sulla fusione, 5 note di osservazione ad opera di 6 consiglieri di maggioranza che «tranne uno, non sono stati ricandidati nella lista Rossi». In particolare il dissenso ha riguardato «la proposta di composizione del Cda della banca che nascerebbe dalla fusione» che «non sarebbe coerente con lo stato patrimoniale delle due banche». Simulando la cessione di tutti i crediti dubbi, valutando le sofferenze al 25% e le altre posizioni deteriorate al 60-70% ci sarebbe «una distruzione di patrimonio per entrambe le banche». 
Prendendo a paradigma la percentuale d’impatto che ci sarebbe in Bpm, «ne deriva un differenziale di distruzione di patrimonio netto per il Banco pari a 3,2 miliardi di euro». I rapporti tra i due istituti, segnala l’ex presidente, cambierebbero, «suggerendo quote di proprietà diverse da quelle ipotizzate, anche includendo nel nuovo patrimonio netto l’aumento di capitale da un miliardo chiesto dalla Bce». Castagna preferisce non commentare le parole di Giarda «che mi sembrano appartenere più all’ambito del cattedratico che a quello del presidente». Le cifre corrette, dice, «arriveranno col piano industriale» e comunque «l’assemblea sarà “domina” nella decisione finale sul progetto». Il neo presidente Rossi ricorda che il consiglio da lui guidato dovrà dare parere consultivo: «Non anticiperò le conclusioni, ma non è un fatto formale».
Ansiosa di conoscere il piano della nuova superbanca («che valorizzi il personale e non riduca i posti di lavoro») è la Fabi, sindacato tra gli sponsor della lista Rossi. Il leader Lando Maria Sileoni ricorda che tra le priorità c’è anche «il mantenimento dell’autonomia della Bpm per almeno 3 anni con un Cda e un presidente propri». Sul punto però Castagna appare tiepido: «Quando un anno fa era partita la negoziazione la consistenza di Bpm era molto più piccola di qualsiasi altra banca con cui andavamo a parlare. Ci sembrava opportuno recepire l’istanza di avere una continuità per la Bpm Spa, e così l’abbiamo portata a casa dalla Bce». Oggi invece «ci sediamo a pieno titolo per contare alla pari con chiunque in una fusione, in particolare con il Banco. Esamineremo con calma nei prossimi mesi l’ipotesi migliore». In assemblea spiega ad esempio che «il nome Bpm rimarrà con quello del Banco Popolare, come avvenuto per Intesa Sanpaolo». E i lavoratori possono stare tranquilli perché «caso unico tra le quotate» il cda della nuova banca «avrà un membro votato dai dipendenti soci».