Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  aprile 29 Venerdì calendario

Contro il concorsone degli insegnanti

Che c’è di male nel concorso per assumere 64mila insegnanti nei prossimi tre anni? A parte il concorso stesso? Niente. O meglio, niente che non sia classificabile nella normale dialettica critica politico-amministrativa. Dopotutto, siamo italiani. Mica ci possiamo trovare d’accordo. Ma il concorso in sé, quello sì che è un segnale forte. E sbagliato. Prima concordiamo tutti su questo, meno danni infliggeremo alle nostre future generazioni.
Diciamo che in una scuola serva un nuovo insegnante. Bene, come lo scegliamo? Quando sono interessi nostri, ossia nel privato, vogliamo essere ben certi di assumere la persona giusta, perché riponiamo in lui/lei precise aspettative di rendimento. Vogliamo che sia in grado di svolgere bene i suoi compiti, che abbia motivazione a crescere professionalmente, che sappia integrarsi con i colleghi, che condivida le finalità e i valori della nostra organizzazione. Siamo disposti a pagarlo bene, anche più degli altri se saprà meritarselo. Questo accade non solo dove chi assume è il titolare di un’organizzazione (leggi, sono soldi suoi). Le medesime logiche si applicano anche quando ad assumere è un semplice manager di medio livello (leggi, soldi non suoi). Perché? Perché il manager sa che se quel nuovo addetto non sarà valido ne pagherà egli stesso le conseguenze. Allora che si fa? Più manager fanno diversi colloqui di selezione tra più candidati, prima di convenire su colui/colei che sembra, dal curriculum e dall’impressione ricavata nei colloqui, la persona giusta. Ma non c’è la certezza. Così, dopo essere stata assunta, segue un percorso di inserimento e poi, se dopo alcuni mesi non avrà confermato le aspettative, potrà essere accomodata alla porta. È triste? Beh, chiediamolo a colui che così potrà avere un’altra chance di occupare quel posto. Chiediamolo ai colleghi che sapranno che l’organizzazione dove lavorano sarà meno debole. Per la scuola, potremmo chiederlo agli studenti, se importasse qualcosa.
Se fossero fatti nostri, non ci sogneremmo nemmeno di assumere un insegnante sulla base di qualche compito scritto, con domande chiuse e aperte. Ma non sono fatti nostri. Sono fatti di nessuno. Se fossero fatti nostri, chiederemmo ai dirigenti delle 8.644 istituzioni scolastiche distribuite sul territorio di selezionare e assumere una media di 7 insegnanti ciascuno. Due obiezioni: non sono qualificati alla selezione e non sono affidabili eticamente (assumerebbero parenti e amici). Due soluzioni. Primo, se non sono capaci, o lo diventano o li cacci. Non è pensabile che un dirigente sia a capo di organizzazioni professionali, di donne e uomini, e non sia in grado di selezionarli e poi gestirli. Secondo, se non sono affidabili eticamente bisogna che lo diventino. In natura, non esistono persone per bene e furfanti. Esistono situazioni in cui farsi gli affari propri conviene e situazioni invece in cui conviene fare gli interessi dell’organizzazione: dove il furbo coincide con l’onesto. È una questione di asticella. Se chiedi all’insegnante una performance didattica elevata e questi non la dà, semplicemente cacci lui e il dirigente che l’ha assunto. Il corollario è che devi controllare e devi poter cacciare le persone che non valgono. Altro che concorso!
Ora, lo capisco anch’io che niente di quanto sopra è realizzabile nell’attuale macchina della P.A. Però quel sistema funziona, in tutte le attività umane che vogliano e debbano produrre un risultato. Dunque mi aspetterei che l’azione di Governo fosse orientata a cambiare l’impianto della P.A. magari cominciando dalla scuola, non dalla Camera Alta. Com’era, cambiare verso?