la Repubblica, 29 aprile 2016
Cammarelle dà l’addio al ring: «Non ho mai odiato i miei avversari, diciamo che li ho sempre aiutati a perdere bene…»
Roberto Cammarelle dice basta. Stasera al Pala Badminton di Milano sarà uno degli azzurri che si misureranno nel dual match contro la Francia, evento organizzato per celebrare i 100 anni della federazione. Sarà il suo ultimo incontro. A 36 anni appende i guantoni al chiodo uno dei più grandi pugili dilettanti che l’Italia abbia mai avuto. Tre podi olimpici: il picco a Pechino nel 2008 con la medaglia d’oro.
Cammarelle, lei è universalmente riconosciuto come pugile di straordinaria correttezza.
«La cosa mi rende orgoglioso. Non ho mai odiato i miei avversari, diciamo che li ho sempre aiutati a perdere bene…».
Eppure si ispirava al re del ko brutale Tyson.
«Quando ho cominciato, in Italia c’era il grande Parisi, i cui match venivano raccontati da Rino Tommasi. Ma a livello internazionale non potevo che restare affascinato da Tyson. Era ricco e famoso, e io volevo diventare quello».
Però contro il cinese nella finale di Pechino sembrava proprio Tyson.
«Sbagliato. Ho vinto per ko, è vero, ma non volevo abbatterlo. Il colpo decisivo non l’ho neanche forzato, ma è stato perfetto, portato in scioltezza. Il 99% dei ko viene se non lo cerchi, io lo volevo portare alla sconfitta ai punti. Nella categoria sono uno dei pochi che fa scherma pura, non spendo energie. I tornei sono lunghi e bisogna amministrarsi».
Almeno che da bambino ha picchiato qualche compagno di scuola?
«No, mai. E ovviamente non ho picchiato nessuno neanche da adulto…».
Il suo armadio è pieno di medaglie, c’è il rimpianto di non essere passato professionista?
«Nessun rimpianto, anche se molto probabilmente avrei fatto bene anche lì. La mia è stata una scelta di cuore, quindici anni fa aveva senso fare il professionista, ora non più. Inoltre il livello si è abbassato, il match tra Fury e Klitschko ha deluso. Poi c’è il lato economico. Per monetizzare avrei dovuto combattere in Usa, Germania, Inghilterra. Sarei stato un emigrante del ring, in Italia si guadagna troppo poco. Fragomeni per difendere un mondiale in casa guadagnò 40mila euro, De Carolis andrà ancora in Germania. Speriamo in un onda mediatica che ci dia una mano, anche se poi arriva Ricci e rovina tutto…».
Già Ricci, arrestato per aver rapito un bambino a scopo di estorsione…
«Ricci non è diventato così perché fa il pugilato, anzi proprio grazie a questo non è diventato ancora peggio. La boxe resta uno sport di recupero, ma in Italia non dà da mangiare, per campare bisogna anche lavorare e chi non lavora fa altro…».
Si parla tanto di aprire le Olimpiadi ai professionisti.
«Non ha senso. È un autogol dell’Aiba che ha provato a fare un ibrido, ma che Pacquiao o Mayweather vadano a combattere sui tre round ve lo scordate».
Senza Cammarelle, a Rio perdiamo una medaglia sicura.
«Possiamo fare bene ugualmente. Irma Testa è da medaglia così come Clemente Russo. Poi c’è Manfredonia. Mangiacapre è una garanzia, anche se è salito di categoria. Cappai è molto talentuoso. Insomma, sono fiducioso».