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 2016  aprile 29 Venerdì calendario

«Va punito chi evade in malafede, non chi è distratto». Intervista a Rossella Orlandi, direttore dell’Agenzia delle entrate

«Bisogna distinguere tra chi è in buona fede e chi no, tra dolo e colpa, tra chi è solo disinformato o distratto e chi è un evasore incallito». Rossella Orlandi, direttrice dell’Agenzia delle Entrate, seduta alla sua scrivania all’ottavo piano del palazzo situato nei pressi dell’Eur, annuncia serena, sorridente ma determinata, la svolta nei rapporti tra cittadini e fisco. «Abbandoniamo le minutaglie e concentriamoci sul grosso dell’evasione», spiega.
Dottoressa, sta firmando una circolare destinata a lasciare il segno. Quasi una lettera di pace con i contribuenti, soprattutto i piccoli e i più tartassati.
«È così. Partiamo dalla stima dell’evasione, il cosiddetto tax gap che ormai viene calcolato anche nei documenti ufficiali del governo. Ebbene il tax gap, che misura la differenza tra quanto si paga e quanto si dovrebbe pagare, non è tutto composto da evasione della medesima tipologia».
Ci sono evasori “buoni” ed evasori “cattivi”?
«No, questo è un po’ troppo. Diciamo che ci sono moltissimi contribuenti che si trovano nella categoria degli evasori solo per colpa e non per dolo, come si direbbe nel diritto penale. Pensi ai casi di dimenticanza, di errore, di mancata informazione. È assai difficile distinguere se una azione è frutto della disinformazione o di un comportamento volontario. Molti lavoratori dipendenti spesso non sono a conoscenza dei loro obblighi fiscali quando cambiano lavoro, quando hanno a che fare con le detrazioni e in molti altri casi. Sono evasori? Ci sono diversi tipi di evasione e di questo bisogna tenere conto. Con chi agisce senza dolo può funzionare una strategia di informazione e assistenza per indurlo ad un comportamento corretto».
Con la sua circolare lei invita i 40 mila colleghi dell’Agenzia a usare “proporzionalità e ragionevolezza” quando si agisce con le presunzioni di evasione. È una questione tecnica, ma ha un risvolto assai importante come sanno coloro cui è capitato un accertamento di questo tipo: parliamo di redditometro, studi di settore, soldi in banca.
«C’è un caso di scuola di un piccolo imprenditore agricolo a cui è stato contestato un reddito di due milioni. Un po’ troppo, in quella circostanza! Ora io dico ai miei: calma e gesso prima di far scattare l’accertamento fiscale ed entrare in quel tunnel. Mettiamoci la testa. Le presunzioni, come il patrimonio in banca, il redditometro o gli stessi studi di settore, sono strumenti utili, ma se usati in modo indiscriminato non portano a nulla. Bisogna chiamare il contribuente, chiedere ragione della spesa o della somma di denaro in banca, dargli la possibilità di spiegare le esatte ragioni».
Questo atteggiamento varrà anche per i controlli bancari su cui da quest’anno vi danno poteri molto forti?
«Spesso si considera reddito un patrimonio che deriva da cause diverse e non è per forza frutto di evasione fiscale. Lo sa che oggi se lei preleva 500 euro dal Bancomat possono essere considerate un reddito e dunque tassate? Bisogna andarci con i piedi di piombo».
Un fisco dal volto umano?
«E lo abbiamo già dimostrato. Lo scorso anno, in occasione del debutto della dichiarazione precompilata, abbiamo riscontrato che più di 200 mila persone non avevano nemmeno compilato la dichiarazione. Avremmo potuto prendercela comoda e far trascorrere i tempi entro cui è possibile, per legge, ravvedersi. Invece abbiamo lavorato sodo, abbiamo spedito le lettere e chi ha voluto si è potuto mettere in regola».
Quali vantaggi porterà la svolta?
«Il primo è il miglioramento dei rapporti tra cittadino e fisco: studi comportamentali dimostrano che il contribuente ha degli atteggiamenti “indotti”. Se il fisco è trasparente e rispetta il contribuente, la conseguenza è che il contribuente diventa trasparente e rispettoso nei confronti del fisco. Così si cambia e si riduce strutturalmente l’evasione, il tax gap».
L’idea è di risparmiare forze per concentrare il tiro sugli evasori incalliti.
«Esattamente. Con questa operazione noi risparmiamo il 10 per cento del tempo di lavoro che fino ad oggi destinavamo alla minutaglia e ci concentriamo sulla lotta all’evasione più incallita e pericolosa».
Vi concentrerete sui grandi evasori?
«Non è solo una questione di grandi o piccoli. Anche per le grandi aziende è in atto un meccanismo che mira a prevenire l’evasione più che a reprimerla. Oggi con la “cooperative compliance” è possibile richiedere il nostro parere sulle grandi operazioni, ogni mossa che si fa viene preventivamente controllata e le cose filano meglio».
Sono le critiche ricevute che vi hanno portato a questa svolta? Lei stessa nella sua lettera ai dipendenti riconosce che è necessario cambiare registro.
«Distinguiamo. C’è in corso una campagna denigratoria, qualunquistica e pericolosa da parte di una trasmissione satirica, “Striscia la notizia”. Vorrei solo ricordare che non è la strada giusta: le nostre sedi sono già state materialmente attaccate e un nostro funzionario ha subito gravi danni fisici. Noi ricorreremo alle vie legali. Ma al di là di questo la svolta la faremo perché crediamo che ridurrà l’evasione e migliorerà i rapporti con i cittadini».
Si sente sotto esame?
«Io sono serena. Noi siamo funzionari dello Stato, serviamo le istituzioni. Lottiamo contro l’evasione. Capisco che il fisco non sia ben visto, accade in tutto il mondo, non solo da noi, ma noi facciamo il nostro dovere».