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 2016  aprile 29 Venerdì calendario

In Italia ci sono solo cento foreign fighters. Ma si teme lo stesso l’indottrinamento dei bambini che potrebbero essere i terroristi di domani

Si respira una certa aria di soddisfazione, nei nostri apparati investigativi e d’intelligence, il giorno dopo l’operazione antiterrorismo di Milano. Dice una fonte autorevolissima: «Come vedete, anche se il tema non è più in prima pagina sui giornali, e magari l’opinione pubblica pensa ad altro, noi continuiamo a lavorare e non molliamo». 
Parte da lontano, infatti, l’inchiesta che ha portato ieri in carcere il pugile jihadista Moutaharrik Abderrahim e altri cinque immigrati marocchini, in procinto di partire per la Guerra Santa in Siria, ma pronti anche a immolarsi a Roma per il Califfo. Il filo rosso che ha portato al loro arresto si dipana da un altro ceppo di foreign fighter, ovvero Mohamed Koraichi e la moglie Alice Brignoli, andati in Siria un anno fa. 
Koraichi era finito sulla black list dei nostri apparati e a catena tutti quelli in contatto con lui. Investigatori e 007 li hanno regolarmente monitorati. E alla fine le indagini, lente e pazienti, hanno portato a individuare questi sei nuovi aspiranti combattenti, con sufficienti prove per reggere il vaglio di un magistrato. Spiegano dunque le fonti: «Possiamo ancora farcela a controllarli perché i numeri dei nostri foreign fighter sono contenuti». 
C’è una differenza abissale, infatti, tra l’Italia e altri Paesi europei. Secondo dati dell’intelligence statunitense, a fine 2015 sarebbero stati oltre 30.000 gli stranieri partiti per combattere nel Califfato: 750 britannici, 670 tedeschi, 1800 francesi, 2400 russi. Il Belgio ha il triste primato in percentuale, con 40 jihadisti per ogni milione di abitante. Gli italiani, invece, nel senso per lo più di immigrati islamici transitati per il nostro Paese, sono meno di 100 e una ventina sarebbero quelli già deceduti in combattimento. «L’Italia è stata colpita meno di altri Paesi europei dal fenomeno», conferma il ministro Angelino Alfano. 
Grazie a numeri ancora controllabili, insomma, e poi grazie a leggi particolarmente ficcanti che consentono intercettazioni e perquisizioni, nuovi reati che fanno scattare le manette con facilità, espulsioni preventive, i nostri apparati sentono di avere abbastanza sotto controllo la situazione, pur avvertendo che «non esiste» un rischio zero. 
Tuttavia non mancano elementi di preoccupazione, come sottolineato dal generale Giuseppe Governalem comandante del Ros dei carabinieri. Riferendosi alla foto dei tre figli di Koraichi e di quello di Oussama Khachia che inneggiano al martirio, ha detto: «Questi bambini, una sorta di cantera, per usare un termine calcistico, vengono indottrinati in questo modo e domani potrebbero essere i protagonisti del terrore».
Altro discorso, poi, riguarda la prevenzione. In vista del 1° maggio, il prefetto di Roma, Franco Gabrielli, ha vietato i cieli della Capitale ai voli di droni e di aerei non di linea. Ne vengono particolarmente colpiti il servizio di aerotaxi di Ciampino, i charter e i voli da diporto dell’aeroporto dell’Urbe. Di qui un certo numero di proteste. Ma con l’assembramento per il concertone rock di piazza San Giovanni e il Giubileo della Famiglia Militare e di Polizia, meglio non rischiare.